Urlare nel silenzio.I famigliari italiani credenti di persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali si raccontano nel primo reportage italiano a loro dedicato
A marzo 2011 le volontarie ed i volontari di Progetto Gionata (http://www.gionata.org) mi contattarono per chiedermi di dar vita alla prima inchiesta italiana riguardante i famigliari credenti di alcune persone LGBT (acronimo che sta per Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transessuali). Lo scopo era quello di conoscere il loro parere in merito all’omonegatività sociale della chiesa cattolica.
Quando iniziai il lavoro di reperimento delle testimonianze, non immaginavo certo che, di lì a poco, la mia ricerca mi avrebbe spalancato le porte di un mondo fatto di persone che, spesso da anni, non fanno che urlare nel silenzio il loro disagio nei confronti delle incivili prese di posizione del Vaticano e delle sue gerarchie, avallate da uno stato che da troppo tempo è latitante in merito al riconoscimento dei diritti civili alle persone con orientamento omosessuale.
A mano a mano che le interviste giungevano alla mia casella personale di posta elettronica, mi resi conto di avere in mano del materiale assai prezioso, un insieme di voci fuori del coro fatto di parenti, più o meno stretti, di persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender, che credono in Dio ma che, il più delle volte, non si riconoscono più nel magistero della chiesa cattolica, a causa del suo allontanamento dal messaggio d’amore contenuto nel Vangelo di Gesù.
Spesso con grande dolore, quando non con rabbia, quei famigliari hanno testimoniato tutto il loro disagio nei confronti delle tante, troppe dichiarazioni provenienti dalle gerarchie vaticane in merito alla presunta immoralità delle persone omosessuali e, di conseguenza, delle loro figlie e dei loro figli, sorelle o fratelli; per non parlare della vergogna che, in alcuni casi, ho potuto percepire fra le righe dei loro scritti.
Pertanto, le persone che hanno accettato di farsi intervistare da me hanno, per la gran parte, teso a fare un distinguo ben preciso tra il Vangelo ed il magistero della chiesa cattolica, nonché fra il messaggio d’amore di Gesù e la condanna dell’omosessualità operata dai vertici vaticani.
Subito dopo aver dato vita a questo reportage italiano sui famigliari credenti di persone LGBT, ho iniziato a lavorare alla stesura del libro corrispondente. In esso compariranno alcuni contributi di persone addette ai lavori, fra cui una psicoterapeuta, un’attivista cristiana dei diritti civili, una filosofa ed alcuni uomini di chiesa che, da decenni, sono impegnati a lottare con coraggio affinché vengano riconosciuti pari diritti e pari dignità sociale alle donne ed agli uomini che compongono l’universo arcobaleno. Quella lotta va di pari passo con la loro massiccia opera di rieducazione della chiesa cattolica al messaggio evangelico dell’Amore e dell’inclusione.
Testimonianze di fede
Michela Guadagno, madre di Vladimir Luxuria: «Sono credente ma non mi considero cattolica. Dio e Gesù accolgono tutti. La chiesa dovrebbe aiutare tutti nel momento del bisogno e invece lascia le persone LGBT sole. Io non vado in chiesa. Come ci entro mi sento discriminata. Preferisco pregare a casa, piuttosto che vedere una sfilata di vestiti e di pettegolezzi a mezza voce, mentre vengo additata come la madre della trans. La chiesa me la faccio io. Se i genitori accettano i propri figli per ciò che sono la chiesa cattolica, che è composta di persone estranee, non dovrebbe escluderli. In tutti questi anni sono riuscita a superare il peso delle dicerie della gente iniziando a non dare importanza alla faccenda. Questa è stata la mia forza. La cosa assurda è che, da quando Vladi è diventata famosa, quasi tutti i parenti sono tornati, dopo aver fatto terra bruciata intorno a noi, mentre quando la storia di Vladi è venuta fuori, sono stata lasciata sola ed ho passato dei momenti durissimi. Me la sono dovuta cavare da sola. I figli sono sacri e guai a chi me li tocca. Nessuno deve giudicarmi. Perché le persone trans non possono andare in chiesa? Io penso che sia perché i preti hanno paura di trovarsi davanti dei maschi vestiti da donna e, in ciò, mostrano di non aver fiducia nelle persone. Io spero tanto che si faccia qualcosa, in questo Paese dato che ora le cose stanno andando male. Quando Vladi andò per la prima volta da Maurizio Costanzo, mio marito vide la trasmissione e, senza batter ciglio, disse: «Lui è mio figlio, può fare ciò che vuole» anche se, ogni volta che Vladi passava la notte a casa, lui se ne andava a dormire nel camion (il padre di Vladi,è un autotrasportatore). Solo con il passare del tempo Antonio ha cambiato atteggiamento. Ricordo ancora il gay pride di Roma del 2000, quello che coincise con il Giubileo. Gli estremisti di destra avevano minacciato attentati e così io accompagnai mia figlia in modo che, se necessario, avrei potuto farle da scudo. Anche se non accadde nulla».
Francesco Serreli – già presidente del comitato provinciale Arcigay L’Approdo di Genova – padre non biologico di Stefano, giovane studente savonese bisessuale: «Siamo una coppia di 50 e 51 anni, io Francesco credente ma non praticante, Edo si dichiara ateo. La nostra storia inizia nel 2006; ho conosciuto Edo in un bar gay, all’inizio non avrei dato un centesimo di euro su questa conoscenza perché in quel periodo non pensavo a crearmi una relazione d’amore, nonostante il mio desiderio di un rapporto serio e duraturo e tutte le mie conoscenze si fermavano a livello superficiale, forse perché non ero convinto, ecco perché pensavo che anche quella fosse una delle tante avventure. È passata qualche settimana per capire che era una cosa importante, Edo dice di aver capito subito che il nostro era un incontro speciale. I primi mesi non sono stati facili, c’era questo figlio (Stefano, il figlio che Edo ha avuto dalla moglie. N. d. a.) che percepivo molto ingombrante e limitante, da cui tutti i nostri programmi dipendevano, la cosa mi dava tremendamente sui nervi, perché allora non riuscivo a capire il rapporto che legava padre e figlio, non avendo mai avuto un rapporto affettivo con mio padre, non ne capivo la portata. Alcune volte mi sentivo escluso e un di più in questa famiglia. Col passare dei mesi ho iniziato ad affezionarmi a Stefano, ho capito che non era possibile amare Edo escludendo ciò che faceva parte di lui, figlio e parenti. Mi sono promesso cosa che faccio tutt’ora, di non intromettermi mai o di farlo con tatto se la cosa include anche me, nelle loro questioni, ho cercato di entrare pian piano nel meccanismo della casa di Savona per non essere invadente e rispettare quelle che erano le loro abitudini che si erano creati dopo la morte della moglie di Edo. Non sempre è facile amare, è un cammino in salita, ancora oggi comporta far conciliare le nostre abitudini, esigenze, punti di vista. Stefano studia medicina a Genova e lo fa con molto impegno, vive con me per risparmiare sulle spese di viaggio. Il fine settimana se io non sono libero dal lavoro, Edo viene a Genova in modo da fare famiglia, qualche volta capita anche a metà settimana. Naturalmente come nucleo familiare non potevamo vivere sotto una campana di vetro, le nostre rispettive famiglie sanno tutto, io frequento quasi tutti i parenti di Edo e mi sembra che non ci siano problemi, non è così per Edo che per opposizione di mia madre fervente cattolica praticante da più di vent’anni appartenente ad un movimento integralista all’interno del cattolicesimo (i Focolarini. n. d. a.), non accetta questo rapporto d’amore perché a suo dire peccaminoso, mi ha proibito di andare anche solo in vacanza con Edo, per cui lui non è conosciuto dalla mia famiglia d’origine che sa tutto di me, da circa venticinque anni; con mia madre il rapporto è stato sempre molto complicato e sofferto non mi perdona di amare un uomo e non riconosce la mia famiglia tanto da non volerne sentire neanche parlare, questa è per me una grande sofferenza, la mia famiglia ora sono Edo e Stefano. Mio fratello e mia cognata sono al corrente di tutto e non mi hanno fatto mai problemi perché capiscono, ma la reazione di mia madre li condiziona non poco per cui fanno finta di essere all’oscuro di tutto, è una questione di equilibri e rapporti; con mio padre ho scelto di non farlo partecipe della mia vita, per non fargli una violenza gratuita. Da parte della famiglia di Edo non ci pare che ci siano dei problemi, né da parte della madre né di quella del fratello, anche se non se ne parla. Stefano in questo momento è single, con noi è molto aperto ci racconta di sé e dei suoi desideri e sogni, se un giorno avrà qualcuno/a al suo fianco – Stefano è bisessuale – nonostante la gelosia di Edo lo accoglieremmo come un altro/a figlio/a, perché vogliamo il suo bene e che sia felice più di quanto lo siamo stati noi alla sua età. Nel presentarmi mi sono definito credente ma non praticante, questo perché non mi sento di far parte di una chiesa dove i vertici non accettano e non riconoscono la mia persona e la mia relazione, li trovo disumani e poco coerenti con il messaggio d’amore di Gesù Cristo. Non mi interessa aver nulla a che fare con questa gente, io so che Dio mi ama per quello che sono e mai mi condannerebbe, perché condannerebbe se stesso che mi ha creato gay.»