Una conversazione a cuore aperto con Francesca Vecchioni – prima parte
La prima parte dell’intervista pubblicata sul numero di dicembre di Tempi di fraternità. La seconda comparirà a gennaio sullo stesso periodico
Francesca Vecchioni è una giovane madre italiana che si definisce in tanti altri modi: giornalista, presidente di un’associazione – Diversity – che si batte contro le discriminazioni e donna che lavora. Quando le ho chiesto di presentarsi a me, mi ha detto di essere una persona come tutte le altre, nella media, ma non ama definirsi in quanto omosessuale. Il nostro dialogo telefonico è avvenuto tra la febbre di una delle gemelle ed una mattinata trascorsa al nido.
Fra i tanti avvenimenti che hanno caratterizzato la tua vita di donna e di lesbica, nel 2014, uno è stato importante, di svolta, la tua separazione da Alessandra Brogno e l’altro ti ha vista contrapposta alla ministra della Salute, Beatrice Lorenzin – durante una nota trasmissione di seconda serata della rete ammiraglia della RAI – in merito a prole e figure genitoriali; ti chiedo di ripercorrerli entrambi in breve.
Sulla separazione c’è poco da dire nel senso che, come può succedere a molti, Alessandra ed io eravamo una coppia sposata, che conviveva da undici anni, con due figlie, che si è separata. In realtà, la nostra particolarità sta nel fatto che l’altro genitore non ha doveri e diritti specifici, garantiti dalla legge e, di conseguenza, le nostre bambine non hanno tutele da parte dell’altro genitore, come non ne avevano prima; in un momento come quello della separazione, per una coppia omosessuale, la scelta può essere ancora più difficile, proprio perché prevale questo stato di cose. Quando abbiamo deciso di farlo, abbiamo pensato: “Come fino ad oggi abbiamo mostrato la normalità delle cose che facciamo e noi stesse, per far capire alle persone che non siamo delle aliene, continuando ad offrire una testimonianza costante, ci è sembrato onesto e corretto far vedere che queste cose possono succedere, come succedono a tutti; siamo una coppia esattamente come le altre”.
Certo, dopo undici anni è una separazione che pesa. Nessuno si separa a cuor leggero, soprattutto se ci sono dei bambini e, nel nostro caso, se si percepisce una minor tutela. Purtroppo questa situazione non dipende da noi; inoltre non è che ci abbia fatto piacere separarci – come accade alle coppie eterosessuali – ma, allo stesso tempo, che cosa avremmo potuto fare? Non avremmo dovuto dividerci, per il fatto che le nostre figlie non sono tutelate? Non sarebbe stato giusto neanche questo. Io credo che, a maggior ragione, sia onesto mostrare queste cose; tenerle nascoste non avrebbe avuto l’utilità costruttiva rappresentata dal mostrarsi per quel che si è. Come accade in qualunque coppia, se ci sono dei figli, sta alla buona volontà dei genitori saper gestire una situazione del genere; per quanto ci riguarda, tutto dipende dalla nostra buona volontà di genitori e, se succede qualcosa, non è che puoi rivolgerti ad un tribunale, ecco. Non abbiamo modi legali o legislativi per proteggere le gemelle, quindi tutto quanto è affidato al buon senso della persona.
Un esempio pratico?
Alessandra per lo Stato italiano è una perfetta estranea e invece è a tutti gli effetti un genitore delle bambine; questo significa, come si può immaginare palesemente che, qualunque cosa richieda, come dire, il ruolo genitoriale in maniera ufficiale, a lei non è concessa: se io dovessi morire in un incidente stradale, lei sarebbe una perfetta estranea per le gemelle; se io dovessi finire in Pronto Soccorso, la tutela delle bambine non potrebbe essere delegata. Inoltre, non parliamo di tutte le conseguenze sulla successione.
Nel caso di una separazione, il genitore non biologico diventa un totale estraneo per la legge. Se già lo era prima, di fatto lo è ancora di più. Inoltre, perché si parla sempre di adozioni gay e non invece delle famiglie formate da persone dello stesso sesso con figli, che hanno bisogno di essere tutelati nel loro rapporto affettivo con l’altro genitore? Si tratta di una cosa molto importante, perché serve a stabilizzare a livello psicologico, in un gruppo famigliare, anche i bambini.
In questo senso è assai indicativa, per esempio, la motivazione della sentenza che è stata emessa dal Tribunale dei minori di Roma ad agosto 2014: ricordo che le due madri di una bambina di 5 anni – avuta con inseminazione artificiale all’estero, quindi con un progetto genitoriale nato nella coppia, non da una gravidanza preesistente, rispetto ad una delle due figure – hanno deciso di chiedere al Tribunale che la madre non biologica potesse adottare per motivi particolari la bimba partorita dall’altra donna, poiché per la legge italiana essa sola ne è la madre; ciò si è reso necessario al fine di salvaguardare e tutelare in maniera più completa la creatura, attraverso l’ottenimento del ruolo genitoriale, che poi è quello che si vorrebbe fare e che si dovrebbe fare, perché questi bambini esistono, ci sono ed è giusto che siano tutelati.
A leggerlo è un testo molto bello, quasi tenero, dolce sotto certi aspetti, poiché in effetti il Presidente del Tribunale dei Minori non ha fatto altro che motivare la decisione di approvazione dell’adozione – dopo aver esaminato tutte le perizie del caso, richieste alle assistenti sociali ed alle psicologhe, che hanno stabilito che la bambina cresce in un ambiente pieno d’affetto – giungendo alla conclusione che la bambina ha necessità di mantenere intatto il suo legame affettivo, poiché è stato comprovato che sta crescendo in maniera sana. C’è di più: in quanto Tribunale dei Minori, visto che agisce nell’esclusivo interesse delle creature e vista la condizione di pregiudizio sociale che rischia di incontrare la bambina, a maggior ragione non ha potuto esimersi dal confermare, nei diritti oltre che nei fatti, il legame affettivo in atto. Il collegio giudicante ha detto una cosa che, nella sostanza, da tanto tempo avrebbe dovuto dire lo Stato, attraverso il Parlamento, cioè che il problema non è rappresentato dall’omosessualità o dall’omogenitorialità, ma dall’omofobia e che, quindi, uno Stato che non riconosca i legami affettivi, non li tuteli, non tuteli i figli, non tuteli le coppie, in realtà non fa altro che alimentare questo atteggiamento omofobico, giustificarlo, perché se tu nazione continui a dire che il genitore non biologico rimane un estraneo, non fai altro che dar forza a chi fomenta il bullismo scolastico, fra le altre cose.
In merito alla questione sollevata da Beatrice Lorenzin, durante la trasmissione Porta a porta, se un Ministro della Repubblica asserisce che, in una famiglia, per crescere bene, ci vogliono una figura maschile ed una femminile, perché così ha detto Freud, non fa altro che divulgare delle falsità enormi, mentre si assume una responsabilità grandissima, che è anche della politica di Palazzo in genere, dimostrando di non essere informata e di non avere una cultura scientifica adatta, rispetto a questi temi; inoltre, invece di fare quello che dovrebbe fare la pratica del governo di una nazione, cioè illuminare la società, mandarla avanti, colmare una situazione negativa presente, cercando di migliorare le possibilità sul futuro, indicare la via, una persona del genere rischia di non riuscire neanche a coprire quello che c’è. Quindi è logico che un genitore – cui non siano stati dati gli strumenti culturali e linguistici, adatti a comprendere per non discriminare – se guarda la trasmissione oppure se deve rispondere ad una domanda del figlio, gli dirà che l’amichetto fatto oggetto di bullismo omofobico in classe non ha due mamme, perché la madre è solo colei che lo ha partorito e questo accade perché quel padre è giustificato dallo Stato italiano e da una ministra che, durante una trasmissione dagli ascolti così alti come Porta a porta, riesce a divulgare falsità enormi; tra l’altro politici come Lorenzin non si rendono conto che, così facendo, creano il sottobosco, anzi l’humus che fa sì che ci siano quei famosi episodi di bullismo, i ragazzi che si tolgono la vita (gli stupri con oggetti estranei infilati nel retto di due ragazzini. N.d.r.), nonché l’odio viscerale che esce fuori dalle paure più recondite di persone, che non sanno darsi delle risposte ma, se è un ministro della Repubblica a dire cose del genere, nell’àmbito del suo ruolo istituzionale, allora va tutto bene e quelle risposte diventano pensieri indotti! Un ministro che cita Freud. Ti rendi conto? La gente poco preparata che ascolta tutto ciò è quindi spinta a pensare che la natura, in effetti…
Ai primi di aprile del 2014 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità – per violazione degli articoli 2, 3, 13 e 32 – del divieto di far ricorso ad ovuli e spermatozoi di una donatrice o di un donatore sconosciuti, nei casi di infertilità totale, a seguito della constatata violazione, già nel 2009, da parte della Corte di Strasburgo, dei punti 8 (sulla libertà di scelta in merito alla vita privata e famigliare) e 14 (sul divieto di discriminazione) della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)…
Sì, nella fattispecie, il divieto di discriminazione deriva dalla incapacità economica, che non permette di accedere alla PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) all’estero a tutti i cittadini, ma solo a quelli ricchi. Chi non se lo può permettere, che fa?
Difatti. Tornando alla domanda: si tratta di un traguardo significativo, se si pensa ai numerosi interventi che, a partire dal 2004, hanno teso a smantellare quasi del tutto la struttura della Legge 40, dichiarandone per la gran parte ideologiche le istanze. Malgrado ciò, gli unici due punti legislativi ancora in piedi, mantengono in essere il divieto, per le persone singole e per le tante coppie italiane formate da persone dello stesso sesso, di accedere alla PMA. Un tuo pensiero in merito.
La genitorialità prescinde dal genere e non è legata all’atto del generare. Essere un buon genitore non dipende dal fatto di avere una sessualità maschile o femminile. Ci sono centinaia di variabili nella capacità genitoriale; questa è una di quelle, certo, ma non è determinante. E questo non lo dico io, ma decenni di ricerche in merito: la psicologia, la psichiatria e la pedagogia ormai da anni hanno assorbito gli esiti di quegli studi approfonditi tanto è vero che, anche le sentenze a seguito dei divorzi, per esempio, affidano sempre più spesso ai padri le creature contese. Guarda anche ciò che accade da tanto tempo nelle stesse coppie eterosessuali e quanto la genitorialità sia cambiata, in quest’ultimo periodo: legata sempre più, come è giusto che sia, alla capacità di cura, di affetto e di sostegno. Poi uno può dire: “le mamme hanno sempre cresciuto i figli”. Ho capito ma, nei millenni, allora, abbiamo avuto più forme di famiglia, se vogliamo parlarne. Erano i clan femminili a crescere i figli, perché i maschi erano in transumanza, per fare solo un esempio. Non per questo gli adulti umani non sono capaci di accudimento – tra l’altro non solo nei riguardi delle proprie creature – e quante famiglie, negli anni della guerra, della povertà, hanno visto la prole cresciuta dalle sorelle come fossero madri, all’interno delle famiglie, spesso troppo numerose, delle proprie congiunte! (continua)
Lidia Borghi