Un uomo solo. Una giornata di George Falconer
Il romanzo “Un uomo solo”, di Christopher Isherwood, si svolge nel 1959 durante un solo giorno della vita del protagonista, George Falconer, un docente universitario di Letteratura inglese di 58 anni. L’uomo ha rinnegato la cultura che lo ha plasmato, parte della quale è contenuta nelle decine e decine di libri della sua libreria, per lui ora solo cimeli inutili che non lo hanno reso più saggio, se mai più stupido; di tutti quei volumi non sa più che farsene, se non usarli per stimolare la peristalsi al mattino.
George è solo perché ha perso Jim, l’uomo che ama, in un incidente stradale; gli automatismi della routine quotidiana, che con lui trascorrevano lievi, ora gli pesano quanto il dolore che si porta dentro: “La colazione con Jim era uno dei momenti migliori della giornata. Era allora che parlavano più volentieri.” Prima di uscire di casa George indossa una maschera pernon far trasparire la disperazione, la solitudine, la rabbia eil suo orientamento sessuale. Il suo segreto è al sicuro grazie a quella dannata menzogna, l’immagine dell’uomo irreprensibile e rispettabile anche. L’aula in cui insegna è piena di studenti svogliati che non si applicano, che non riescono a leggere il passato contenuto nei libri per scorgerne i legami con il presente. Lì dentro èun individuo senza speranza che rappresenta la speranza per quelle giovani donne e per quei giovani uomini. Un paradosso. Eppure… “Quei sorrisi, quei giovani occhi luminosi gli danno forza. Si sente brillante, vitale, energico, un filo misterioso e, soprattutto, straniero.” Falconer però è anche un cinicoinsofferente che, quando non è occupato a subire la vita da spettatore passivo, si diverte a disprezzare il prossimo. Il libro di Isherwood è comeuno storyboard, le sueconcise descrizionidegli sketch: George si sveglia, George stenta a ricordare chi è, George si alza, George fa le abluzioni, George fa colazione, George si veste e via così. L’automa George fa cose che George Falconer fa fatica a riconoscere, poiché non fanno più parte di lui; vuole morire perché la sua vita non ha più senso. In poco più di una facciata l’autore descrive la sera in cui riceve la telefonata che gli annuncia la morte di Jim: le sue parole sono poche e brevi, dice “no, grazie” all’invito al funerale, poi lo shock lo annienta: esce di casa in lacrime, corre da Charley, la sua più cara amica, la abbraccia, cade, si rialza e il suo pianto diventa irrefrenabile. A tre quarti del libro uno dei suoi studenti, Kenny Potter, irrompe nella suanon-vitae fa riemergere inluisensazioni che credeva sepolte sottotonnellate didolore: il ragazzo è brillante, acuto, l’allievo che ogni docente vorrebbe avere, forse lo corteggia o forse no,il professore sta al gioco, la carica seduttiva del giovane lo affascina, le suebattute lo rinvigoriscono. Kenny rappresenta la possibile svolta nella vita di George.Come ho scritto altrove,Kenny non si domanda se quel che fa è giusto o sbagliato o perché George lo attragga, si limita a stargli accanto.Il libro di Isherwood ha offerto molti spunti al regista Tom Ford, che nel 2009 ha girato un film non del tutto fedele al romanzo, ma intenso, commovente, in cui la disperazione di George Falconer viene messa in risalto dai flashback che lo mostrano accanto a Jim. È corretto dire che “Un uomo solo” rappresenta il canovaccio sul quale Ford ha costruito la sceneggiatura di “A Single Man”. In meno di 150 pagine Christopher Isherwood riesce asondare i sentimenti del protagonista con poche, magistrali pennellate linguisticheche rendono di una facilità estrema il calarsi nella sua vita. Cosa accomuna il libro al film? Il dolore di George, la nera solitudine, la disperazione, l’amore in quanto sentimento universale, al quale non può essere applicata alcuna etichetta, ma che la società del tempo – anche oggi non si scherza -non sapeva neppure cosa fosse, se si pensa che due uomini sorpresi a tenersi per mano venivano arrestati. Tutto sbagliato. L’amore è portofranco, non reato.