Un miliardo di ribelli danzanti contro la violenza sulle donne
Trigger Warning (USA, 2012, 3′) è il cortometraggio che la scrittrice, drammaturga, sceneggiatrice e regista statunitense Eve Ensler ha scritto e prodotto insieme a Tony Stroebel per dire basta alla violenza contro le donne nel mondo; il progetto è stato portato avanti al fine di organizzare una sollevazione mondiale di persone che, durante la giornata del 14 febbraio 2013, attueranno una forma particolare di protesta attraverso la danza.
One Billion Rising è il nome del progetto planetario e – come ha affermato il 28 gennaio 2013 la stessa Ensler – «in onore delle donne del Congo (…) il 14 febbraio 2013 invitiamo, sfidiamo e chiamiamo le donne e le persone che le amano ad uscire fuori dalle loro case, dalle scuole e dai luoghi di lavoro per protestare a colpi di danza. Per ballare con i nostri corpi, le nostre vite, i nostri cuori.» (fonte)
Tre minuti. Tanto dura il corto che Ensler e Stroebel hanno messo su. Un concentrato di violenza, crude immagini di stupri, infibulazioni, calci e pugni domestici sferrati da altrettanti maschi contro i corpi di femmine impotenti che un sapiente montaggio ci offre senza filtro alcuno, al fine di farci riflettere attorno ad un imperativo categorico: Fermiamo la violenza sulle donne ora! Impossibile volgere la testa per guardare da un’altra parte: i fotogrammi che si dipanano sullo schermo ci inchiodano alle nostre responsabilità e al nostro senso civico. E l’accompagnamento musicale, con una voce femminile che urla il suo canto di dolore, non può che urtare la nostra vista, come è giusto che sia. Una volta tanto la mia analisi di un cortometraggio non vorrebbe essere incentrata sul suo protagonista, l’intero mondo femminile asservito al maschilismo patriarcale che pretende di dominarlo, sfruttarlo, asservirlo con la violenza ed il ricatto. E quelle immagini continuano a ferirci. Come è giusto che sia, lo ribadisco. Violenza sotto forma di stupro, percosse, schiavitù lavorativa. Poi la musica va scemando, fino a cessare del tutto, mentre le interpreti femminili del corto, ognuna nel suo pezzo di mondo, iniziano a ribellarsi: la musica riprende più lenta di prima, mentre ha inizio la sommossa femminile. Il brano riprende la sua corsa, le donne oppresse rivolgono il loro sguardo determinato a chi guarda e, in modo lento ma inesorabile, cominciano ad alzare una mano con il dito indice all’insù. La violenza si ferma. Che la protesta abbia inizio. E con essa la danza. Forte, liberatoria, emozionante. Al suono ritmato di mille percussioni parte lo slogan: Strike, Dance, Rise!
Perché proprio la danza? Per Eve Ensler la risposta è chiara: essa è “una via diretta alla libertà”, un mezzo incisivo di comunicazione, che contagia con la sua voglia di scuotere il mondo, con la sua volontà di rompere le regole, di infrangere uno stato di cose che nessuno ha lasciato scritto ma che è diventato usanza, costume, consuetudine.
Davvero è possibile invitare l’intero pianeta ad una danza di protesta? La risposta è affermativa, a giudicare dalla pioggia di consensi che il progetto di One Billion Rising ha avuto: 189 Paesi hanno detto sì e le loro cittadinanze danzeranno per contribuire a fermare la violenza – domestica e non, fisica come psicologica – che opprime il mondo femminile sulla Terra. Una piccola grande rivoluzione globale.
Persone di ogni ceto sociale, singole o riunite in associazioni, gruppi, assemblee e centri di ogni tipo si alzeranno in piedi, il 14 febbraio prossimo, alzeranno il dito indice al cielo ed esprimeranno la loro protesta a suon di passi di danza. Per un obiettivo che le accomuna. Per un bene che è di tutte e di tutti. Nessuno se ne senta escluso. Perché voltare la testa da un’altra parte per non guardare rende complici del femminicidio.
Eve Ensler il 14 febbraio prossimo danzerà a Bukavu, in Congo, all’interno di un villaggio da lei stessa creato che si chiama City of Joy, un centro di riabilitazione fisica e psicologica per femmine fatte oggetto di brutali violenze da parte dei maschi: «Ballerò – ha aggiunto Ensler – insieme a migliaia di donne che stanno trasformando in forza le loro sofferenze e a migliaia di uomini che sostengono il nostro progetto.»
E tu dove sarai quel giorno? Ti unirai a noi oppure farai finta di nulla?
Guardail corto
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Lidia Borghi