Transessualità, transgenderismo, intersessualità e Disegno Di Legge 405. Ne parliamo con Michela Angelini
Trentadue anni, livornese, laureata in Medicina veterinaria, un bagaglio culturale ed umano di notevole spessore, antispecista, Michela Angelini lotta per veder riconosciuto, dalla Giurisprudenza italiana, il diritto delle persone a non subire la mutilazione genitale, in caso di transizione di genere, nonché la riassegnazione chirurgica del sesso, in presenza di genitali atipici alla nascita. Quella che segue è la chiacchierata che abbiamo fatto insieme, durante il periodo natalizio appena trascorso.
Chi è Michela Angelini?
Sono una donna transgender, trentunenne, laureata in medicina veterinaria. Ho svolto la mia professione per cinque anni poi la transizione e, quindi, l’impossibilità di avere un nome coerente al mio aspetto, in concomitanza della crisi, mi han fatto desistere. Oggi vivo a Livorno, convivo con il mio compagno e i suoi due bambini, faccio la promoter e partecipo ad un progetto di autogestione di una mensa vegan e freegan assieme ad altre persone precarie e disoccupate.
Transegender, transessualità, travestitismo, drag queen/king. Il più delle volte la stampa mainstream confonde – non si sa quanto in modo voluto e quanto per ignoranza – la distinzione non da poco esistente fra queste parole, dietro le quali si celano le identità personali di tante persone. Ti chiedo di spiegare alle lettrici ed ai lettori di Rosso Parma quale differenza vi sia fra esse a livello semantico.
La grossa differenza è fra transessualità e transgenderismo. Il primo è un termine medico che indica quelle persone che hanno una discrepanza tra il proprio corpo e il corpo che sentono dovrebbero avere. Il termine transgender, invece, raccoglie tutti i termini che citi per raggruppare tutte le persone che non hanno un’espressione di genere fissa e immutabile: all’interno troviamo le persone trans*, che vivono la loro vita nei panni dell’altro sesso, modificando o meno il corpo con ormoni e chirurgie, travestiti, che ritagliano uno spazio della loro vita per viversi nei panni dell’altro sesso, drag king e queen, che fanno del travestitismo un’arte ed intrattengono il pubblico con spettacoli in cui impersonano, caricaturandoli, uomini (i primi) e donne (le seconde).
Da diversi mesi oramai sta girando sul web la campagna che invita a firmare la petizione a favore del Disegno Di Legge 405, per tutelare i diritti delle persone transessuali, transgender ed intersessuali. So che esiste anche un blog (disegnodilegge405.blogspot.it). Che cos’è il DDL 405 e perché è importante?
Èun disegno di legge che eliminerebbe, tra le altre cose, il giudice dal percorso di transizione per il cambio anagrafico del nome e del sesso. Ad oggi bisogna dimostrare davanti ad un giudice che si è transessuali e questo deve autorizzare al cambio di nome e sesso. Di fatto, a causa di interpretazioni date dalla Giurisprudenza alla legge 164/82 (http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1982-04-14;164), è obbligatorio essere sterili per ottenere il suddetto cambio. Per alcuni giudici questo significa falloplastica per chi transiziona dal femminile al maschile o vaginoplastica per chi transiziona dal maschile al femminile. Per altri significa eliminazione chirurgica delle gonadi, per altri la sola terapia ormonale. Con questo DDL il procedimento per il cambio del nome e sesso diventerebbe amministrativo e su richiesta dell’interessato, senza alcun oneroso iter giuridico. Altra cosa importante che introdurrebbe questo DDL, è il divieto di intervento chirurgico su bambini con condizione di intersessualità. Alcune persone nascono con genitali atipici, né maschili né femminili e, ad oggi, è prassi operarli per ridurli ad uno dei due sessi. Gli interventi vanno poi ripetuti fino alla pubertà, perché il corpo cresce e quel che ha creato il bisturi deve essere riadattato. Inoltre non ci è dato sapere alla nascita se questi bambini, da grandi, si sentiranno uomini o donne. Vietare interventi di questo tipo, che possono essere fatti su richiesta dell’interessato quando sarà in grado di scegliere, significa permettere ai bambini di sviluppare la propria identità di genere liberamente e senza imposizioni.
Mi piacerebbe che tu parlassi del concetto di terzo sesso.
Non credo esista un terzo sesso. I sessi sono infiniti, esistono una marea di condizioni di intersessualità – tanto tra gli umani tanto tra gli animali altro da umani – che sono variazioni rispetto la norma binaria maschio/femmina. Il terzo sesso è un’ipotesi di casella altra da maschio e femmina che è stata introdotta in alcuni Stati, che lascia il tempo che trova, perché solo le persone intersessuali possono accedervi. Di fatto in una società che ha una norma binaria dei sessi essere una X è stigmatizzante. Quel che chiedono le persone intersessuali è di poter scegliere liberamente per il proprio corpo e se e quando segnarsi nelle caselle M o F. Personalmente mi piacerebbe i sessi venissero aboliti e si iniziasse a pensare a quella del sesso come una linea continua, non come due polarità opposte.
Per concludere, vorrei che tu affrontassi una questione di fondamentale importanza ovvero il disagio e la sofferenza che le persone transessuali, transgender ed intersessuali sono costrette a provare sulla propria pelle, ogni volta che l’opinione pubblica si permette di offenderle con i pregiudizi più pericolosi ed irrispettosi, come quello che non concepisce la transizione da femmina biologica a maschio, quello che tende a vedere in ogni soggetto transessuale o transgender un travestito o – quel che è peggio – una prostituta, per tacere del ricorso continuo al genere maschile, per identificare l’individuo che ha affrontato la transizione di genere dal maschile al femminile.
Tutti gli appartenenti ad una minoranza subiscono stigma, il cosiddetto minority stress. Chi fa parte di una maggioranza, forte del fatto che il proprio pensiero trova riscontro in quello altrui, si sente libero di colpire gli appartenenti alle minoranze rinforzando, escludendoli, l’appartenenza al gruppo dominante. Spesso certi comportamenti escludenti sono dettati dalla paura di essere a propria volta esclusi se si smette di perpetuarli così; anche se non si ha conoscenza della problematica, anche se non si è in accordo con quanto viene espresso, si continua a colpire i “diversi” per non essere messi in discussione nel gruppo degli “uguali”.
Nella vita di tutti i giorni, per quanto riguarda le categorie da te citate, lo stress si traduce in difficoltà nel trovare lavoro, perché se posso scegliere assumo un uguale e non un diverso (a meno che io non abbia sgravi fiscali), isolamento sociale, perché è difficile farsi valere e rispettare e spesso è più facile ridurre o evitare rapporti sociali o averne solo nella ristretta cerchia di persone come noi, che non ci giudicano perché uguali a noi. Suicidi: tra le persone trans* e intersessuali sono frequenti i suicidi; purtroppo lo stress dovuto al non riconoscimento del proprio essere, unito allo scarso supporto da parte dello Stato alle persone di tali gruppi, può tradursi in gesti estremi. Impossibilità d’accesso alla vita politica: spesso le persone transessuali fermano la propria vita in attesa dell’agognato cambio di corpo e documenti e, quando lo ottengono, vivono nei panni desiderati rinnegando il percorso compiuto. Rendersi visibili come persone transessuali, portare avanti istanze politiche, come quella del cambio anagrafico amministrativo o come l’educazione inclusiva alle diversità e libera da stereotipi, presuppone il divenire facile bersaglio di persone transfobiche e soggetti ad atti di transfobia.
Per quanto appena detto, è fondamentale condurre una lotta contro la transfobia, come una lotta a tutti i limiti che la società dis-educata pone nell’accettazione di altre diversità, per far sì che ogni individuo sia libero di contribuire ad una trasformazione positiva di questa società.
Lidia Borghi