Terremoto
Quando la scossa è appena passata, comincia la paura vera, l’attesa della prossima. Ogni minuto è buono e più ci si pensa meno arriva e meno ci si pensa più presto arriva. L’attesa della paura, la paura dell’attesa. Più l’epicentro è basso, più nero si vede più si fatica a risalire e prima di rivedere la luce si deve pagare il pegno a quella bastarda della mente. Poi si risale, quel buco pieno di merda si allontana sempre più, diventa via via più piccolo, si sale sulla giostra e si comincia a volare, è una goduria, perché scendere? Perché privarsi di questa ebbrezza? Ora si sta su, poi si vedrà, sì, ma cos’è quell’affare laggiù? È lei, maledetta bastarda, anche in cima al mondo mi tocca sopportarti, brutta massa di sterco, inutile mentecatta che non sa fare altro che piangersi addosso! Io non sarò mai come te e ora che sono quassù nulla e nessuno mi fermerà e tu, tu prova a prendermi… ma che succede? Chi è che mi spinge? No, basta, fermatevi! Non fatemi cadere! Non voglio tornare giù! È troppo alto! Questa volta mi sfracello! Nooo! Aiuto! Aiuto!