Sai davvero di che cosa parli?
L’importanza di una lingua responsabile per nominare le persone LGBT+ in un corso di formazione giornalistica professionale organizzato a Genova
Di Lidia Borghi
Il primo ottobre 2015 si è svolto a Genova il corso No-Minare – Media ed omosessualità oggi, conoscere per informare; organizzato per la prima volta in Liguria grazie all’Ordine dei Giornalisti della Regione nell’àmbito della formazione professionale per chi opera all’interno dei media, ha visto la partecipazione di una cinquantina di addette/ ai lavori. Coinvolte nel progetto, nato nel mese di febbraio scorso, sono state alcune tra le professioniste più preparate oggi negli studi di genere, nella formazione in campo LGBTQ+, nell’avvocatura per i diritti delle persone omo-transessuali, nel counseling e nella pedagogia sociale.
Moderato dal vice presidente dell’ODG Liguria, il collega Dino Frambati, No-Minareha toccato gli argomenti più importanti che riguardano il rapporto, a volte pessimo, dei media con il linguaggio di genere in generale e quello rivolto alle persone lesbiche, gay e transgender in particolare. Vediamo nel dettaglio di che cosa hanno parlato le relatrici:
Valeria Maione, Consigliera uscente di Parità della Regione Liguria, ha sottolineato l’importanza di una lingua buona, offrendo alle colleghe ed ai colleghi presenti un parallelo tra linguaggio di genere e mondo LGBTQ+ ed affermando come, nel caso di una terminologia idonea a nominare con rispetto gli individui che non hanno voce o che vengono dipinti per ciò che non sono, occorra responsabilità.
Francesca Vecchioni, giornalista professionista, formatrice in linguaggio LGBTQ+ e presidente dell’associazione Diversity, ha affrontato i principali casi di errori lessicali che si incontrano sui media nazionali come quello, forse il più diffuso, che vede l’uso della parola outingal posto di coming out, quando si parla di persone omosessuali che escono allo scoperto, affermando come l’omofobia dilagante nel nostro Paese abbia profonde radici nel maschilismo.
Maria Grazia Sangalli, avvocata del Foro di Bergamo, presidente di Avvocatura per i diritti LGBT-Rete Lenford e formatrice, ha proposto alle persone presenti un excursus sul trattamento riservato agli individui omosessuali all’interno della Giurisprudenza per poi occuparsi, come recita il titolo del suo intervento – Il riconoscimento giuridico e la tutela delle persone LGBTI e dei loro legami– del vuoto legislativo cui sono soggetti essi stessi e le rispettive relazioni d’amore, con o senza prole.
Alessandra Bialetti, pedagogista sociale e counselor, ha analizzato uno dei temi meno trattati dal mondo dell’informazione, quello delle famiglie omogenitoriali; dobbiamo inoltre alla sua felice intuizione il titolo di un corso che – fra i propositi della sottoscritta, che lo ha organizzato – aveva anche lo scopo di dar voce alle cosiddette famiglie altre, che di nuovo poco hanno, se si pensa che di unioni affettive fra persone dello stesso sesso, con o senza creature, l’Italia è piena da molti decenni.
Alla sottoscritta è spettato il compito di chiudere le tre ore di formazione giornalistica con un intervento su fede, omosessualità ed omonegatività cattolica, con un occhio alle buone pratiche giornalistiche necessarie per abbattere i muri del pregiudizio ed un altro al fenomeno dell’esclusione delle persone omosessuali credenti dal pieno coinvolgimento nella vita sociale della Chiesa Cattolica.
Corsi del genere sono rarissimi, in Italia e la Liguria vanterà, d’ora in poi, il singolare primato di essere stata – se non la prima – quantomeno una fra le prime regioni ad aver accolto, in un auditorium pieno di persone interessate all’argomento trattato, una sessione formativa che intende divenire itinerante e che avrà presto un suo libro bianco, disponibile a tutte e tutti coloro che vorranno approfondire le linee guida per offrire un linguaggio LGBTQ+ idoneo, rispettoso e responsabile, al fine di non minare mentre si nomina.