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Quelle terapie, false e dannose, riparative di nulla

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Resoconto di Lidia Borghi della presentazione genovese del libro Curare i gay? Oltre l’ideologia riparativa dell’omosessualità

Lunedì 26 marzo 2012 Paolo Rigliano, Jimmy Ciliberto e Federico Ferrari erano a Genova per presentare il libro Curare i gay? Oltre l’ideologia riparativa dell’omosessualità (editrice Cortina Raffaello, 2012).

L’incontro, organizzato dall’Ordine degli Psicologi della Liguria in collaborazione con il comitato provinciale genovese di Arcigay, ha visto la breve partecipazione dell’assessore al bilancio della Regione Liguria Pippo Rossetti, il quale ha introdotto il presidente dell’ordine, Piero Cai ed i tre autori parlando di una diseguaglianza di fronte alla legge che oggi, in Italia, impedisce ai gay ed alle lesbiche un pieno riconoscimento sociale.

Lo psicologo e psicoterapeuta Jimmy Ciliberto ha quindi affrontato il tema dell’attecchimento, anche nel nostro Paese, delle cosiddette terapie riparative o di riassegnazione dell’orientamento sessuale: perché esse riescono a mettere radici qui da noi?
Il motivo ha a che fare con la mancanza quasi totale di informazioni precise sul mondo gay e lesbico, nonché di un dibattito serio che parta da basi scientifiche rigorose per sgretolare un sistema di nozioni che si contraddicono a vicenda. Il resto lo ha fatto, in questi anni – ed ancora lo sta facendo – la mancanza di notizie di senso opposto, a proposito della pericolosità dimostrata delle terapie riparative per la mente umana.

Che dire poi dell’approccio sistemico-relazionale su cui si basa l’intero testo di Curare i gay? Federico Ferrari ha sottolineato come esso sia fondamentale, nelle stanze della terapia, per aiutare le persone lesbiche e gay a riconoscere, accettare ed accogliere il proprio orientamento sessuale altro in quanto elemento centrale e fondante della persona; lo psicologo e psicoterapeuta si è quindi soffermato sul fatto che dagli Stati Uniti è in arrivo una nuova ondata di pretese scientifiche – collegate alle terapie riparative – che vengono cavalcate da molti professionisti della psiche, i quali sono appoggiati dai fondamentalisti cattolici.
Si è venuto così a creare un vero e proprio business dei clinici riparativi, fatto di centri di cura e consultori (per tacere dei corsi di aggiornamento) all’interno dei quali l’approccio è assai eterogeneo e comprende psicoterapie, auto-aiuto, preghiera ed auto-mortificazione che fanno continuo ricorso a parole specifiche quali “scelta”, “fluidità sessuale”, “cambiamento”, “riassegnazione”, ecc. Ciò ha comportato che l’identità sessuale sia diventata una nebulosa indefinita che può essere cambiata a piacimento.

Lo psichiatra Paolo Rigliano ha quindi affrontato il tema del pericolo più grande, oggi, rappresentato dalle terapie di riassegnazione dell’orientamento sessuale: siccome l’assunto di partenza afferma che si può tornare ad essere eterosessuali, spesso questi approcci antiscientifici non vengono imposti, bensì richiesti da coloro – più di frequente maschi omosessuali – che non accettano il loro orientamento omosessuale a causa dello stigma sociale e vorrebbero tornare indietro.
Il risultato è duplice: da un lato si viene a creare, nelle menti di quelle persone, un conflitto continuo fra l’identità personale/sessuale ed il ricatto imposto dai clinici riparativi e dall’altro molti individui accettano l’auto-castrazione che impone loro di vivere una vita inautentica fatta di finzione continua.

Risulta quindi vitale, secondo Rigliano, mettere sotto la lente d’ingrandimento mezzi e scopi di una “costellazione mentale della diversità” che i clinici riparativi cavalcano anche per l’enorme business che si cela dietro il loro assunto di base: l’ordine divino non può essere trasgredito; esso non ha previsto l’esistenza delle persone omosessuali, pertanto queste vanno curate, in quanto la loro è una diversità non buona.
In questo contesto il ruolo ricoperto dal fondamentalismo cattolico, in Italia, rappresenta una vera e propria macchina bellica, una trappola mortale che è stata messa nella condizione di agire nel pericoloso ambito della riassegnazione dell’identità sessuale.

Il dettato veterotestamentario rappresenta quindi, per i fondamentalisti religiosi di tutto il mondo, il fertile terreno di gioco sul quale si consuma la partita dei clinici riparativi contro l’autenticità delle persone lesbiche e gay: la coerenza con il sesso biologico assurge quindi a progetto inviolabile ed insuperabile per il monolito fondamentalista. Gli assunti del fondamentalismo religioso non si mettono in discussione.
Quella cui vengono chiamate tutte le persone di buona volontà oggi, nel nostro Paese, è una battaglia politica, civile, ideale e culturale – contro le terapie riparative – che deve partire da dati scientifici rigorosi; i numerosi gruppi di omosessuali credenti sparsi per l’Italia stanno svolgendo un ruolo fondamentale e prezioso anche in tal senso.

Da essi tutte e tutti noi dovremmo prendere esempio, affinché nessuno si senta escluso da questa guerra per il riconoscimento dell’autenticità e della dignità di ognuno di noi.

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