Omosessualità e fede islamica. La rivoluzione dell’imam Ludovic-Mohamed Zahed
di Lidia Borghi
A giugno del 2015, presso la Casa dei diritti del Comune di Milano, il Guado – gruppo di riflessione su Fede e omosessualità, insieme alle associazioni Le rose di Gertrudedi Magenta e Renzo e Luciodi Lecco, ha ospitato l’imam Ludovic-Mohamed Zahed, una delle rare voci fuori dal coro nello scarno dibattito internazionale su omosessualità ed Islam; l’incontro, il secondo dopo quello genovese, è stato organizzato da Il grande colibrìil portale dedicato ai temi LGBTQ+ nel mondo che contiene una ricca panoramica di notizie sull’argomento in esame.
Algerino di nascita, dopo aver intrapreso gli studi per diventare guida spirituale, a diciassette anni Zahed si rende conto di essere omosessuale, si trasferisce in Francia, studia psicologia ed antropologia e riceve la diagnosi di sieropositività.
Dopo il coming out in famiglia e l’allontanamento dalla fede islamica, Ludovic-Mohamed cade in depressione e, durante un viaggio spirituale in Tibet, riceve il dono di un’esperienza mistica: mentre è prostrato in segno di venerazione decide di riprendere gli studi del Corano per “riappropriarsi dell’Islam” per tentare di ripulirlo dalle strumentalizzazioni fondamentaliste.
Il ritorno in Francia risale al 2010, anno in cui Zahed fonda l’associazione Homosexuel-les musulman-es de France – Omosessuali musulmani di Francia (HM2F): «(…) Ci prendiamo un anno di tempo per discutere e riflettere sulla difficile e pericolosa questione di come poter organizzare una comunità con una moschea (…) che accolga tutti, indipendentemente da origini etniche, orientamento sessuale, genere (…) e che non sia proprietà di nessun imam. (…) Ciascuna persona che faccia parte della comunità ha conoscenze che possono essere messe al servizio di tutta la comunità.»
Durante l’evento milanese l’imam ha parlato a lungo dell’Islam inclusivo e degli studi di genere ad esso collegati, citando il fondamentale testo di Amina Wadud, la femminista musulmana autrice del libro Inside the Gender Jihad. Women’s Reform in Islam, Oneworld Publications, 2006, in cui l’autrice è partita dalla parola tahwid(unicità in lingua araba) per spiegare come Dio sia l’unicità, come essa sia presente in tutte e tutti noi e come ogni persona sia uguale alle altre; l’una non può essere divisa dall’altra. Questo è un principio basilare dell’Islam che consente a chiunque – maschio o femmina che sia – di diventare guida spirituale.
Come conciliare quindi l’uguaglianza in umanità con le spinte nazionalistiche presenti in molte parti del mondo? Ludovic-Mohamed Zahed ha affermato che le istanze portate avanti dalle persone LGBTQ+ vengono di continuo strumentalizzate, anche nella vecchia Europa, per seminare l’odio conseguente alla paura del “diverso”, il che richiama alla mente le tante analogie con la questione delle migrazioni dal Medio Oriente e dall’Africa; a quelle spinte nazionalistiche Zahed si riferisce con il termine ombrello di “omonazionalismi”.
Il Corano – come il Vangelo – non contiene condanna alcuna dell’omosessualità eppure lo sfruttamento continua e con esso la penuria di pubblicazioni che mettano in evidenza gli sforzi comuni prodotti fin qui dalla comunità LGBTQ+ mondiale per eliminare il pregiudizio del fondamentalismo religioso, i cui legàmi con i fascismi sono duri a morire, dalla cultura e dalla società.
«(…) Oggi in Paesi come l’Iran e l’Arabia Saudita – spiega Zahed –si esprime in ritardo il fascismo ed il totalitarismo del XX secolo: questi regimi non hanno nulla di diverso, nella loro essenza, dal nazismo che ha deportato ebrei, omosessuali e rom, mentre non c’entrano nulla con la fede ed il monoteismo. (…) È un problema di emancipazione economica, culturale ed intellettuale che non ha nulla a che vedere con l’islam in quanto religione né con la cultura araba.» (fonte: http://www.ilgrandecolibri.com/p/moi-musulmani-omosessuali-in-italia.html)