+ o –. Vite e sogni bruciati dall’AIDS
Il film documentario + o –. Il sesso confuso – Racconti di mondi nell’era Aids (Italia, 2010, 93′), diretto da Andrea Adriatico e Giulio Maria Corbelli, mostra al pubblico, accanto ai contributi filmati di addette ed addetti ai lavori, le storie di tante persone che hanno trovato il coraggio di testimoniare la loro personale esperienza a contatto con l’AIDS. Come nel caso di Due volte genitori, siamo di fronte ad un lungometraggio che mi preme porre in evidenza proprio per la sua utilità a livello sociale e civile.
Già dal titolo ci è possibile comprendere qualcosa: “più o meno” ci viene narrata la verità su una delle malattie più micidiali che esistano e a darci una mano a capirla intervengono persone di ogni ceto sociale, professione ed orientamento sessuale che, nel corso del documento visivo, si pongono delle domande strettamente legate alle emozioni che l’AIDS scatena nella mente. Per usare le parole di Andrea Adriatico: «In questo caso il documento (…) è (…) il pensiero e l’emozione sulla malattia (…). Ed è la cosa che per me conta. Come contano le domande che l’Aids si porta dietro. Domande di vita.»
E, in questo senso, l’atto del documentare, che i due autori hanno compiuto attraverso l’uso di una poltrona bianca fissata dalla macchina da presa – l’unico elemento costante di tutto il documentario – si fa testimonianza attraverso quelle domande che, a loro volta, si trasformano in altrettante richieste d’aiuto, come a voler affrontare con grande coraggio un morbo che, fino a pochi anni fa, non lasciava vie d’uscita.
E così le testimonianze si fanno narrazioni che vanno a scavare fino agli anni, terribili, della comparsa dell’HIV. Si era nell’ottavo decennio del ventesimo secolo e qualcuno azzardò una scriteriata frase che è stata capace di rivelare solo la scempiaggine del suo autore o della sua autrice: la peste del secolo. Mentre le persone giovani cadevano come mosche, la ricerca faceva alcuni importanti passi in avanti, nel tentativo di dar vita ad un vaccino che potesse restituire la speranza a decine di migliaia di persone contagiate nel mondo (l’Africa è il continente che, tuttora, ne sta pagando il prezzo più alto).
Poi fu la volta del pericoloso accostamento della malattia a certi stili di vita altri, subito dopo aver messo in croce la categoria delle persone che facevano uso di droghe da iniettare. Dopo di che ci fu spazio solo per il silenzio. Pericoloso, foriero di guai, quasi ad indicare che quelle persone, quella malattia, è meglio non nominarle così, forse, se non se ne parla, finiranno per scomparire, prima o poi. Un tacere che il teologo luterano statunitense David Weiss (http://tothetune.wordpress.com) ha definito “un silenzio che può rendere sordi”.
Fino a giungere ai giorni nostri, con quel prezioso miscuglio di tre farmaci che hanno il potere di fermare, in molti casi, l’immunodeficienza, per ridare nuova dignità a tante persone la cui unica prospettiva, prima che la ricerca facesse centro, era quella di consumarsi in un letto d’ospedale.
Ecco perché quello di + o –. Il sesso confuso – Racconti di mondi nell’era Aids è una sorta di viaggio a ritroso fatto oggi, in un’epoca di bilanci, per comprendere come, ieri, l’infezione virale più potente che esista, possa aver mietuto tante vittime. È come se quelle persone, quei medici, quegli addetti ai lavori, quei professionisti e quelle persone comuni, avessero ottenuto una più grande consapevolezza di sé e del proprio percorso di vita grazie all’AIDS che, nelle parole di Giulio Maria Corbelli, diventa «un’occasione preziosa che non ci possiamo permettere di sprecare». Per continuare a comprendere, conoscere, evolverci.
Si diceva della poltrona bianca, di un candore quasi irreale, stridente rispetto a certi sfondi grigi, la cui resa è di una monotonia che a tratti infastidisce. Quel complemento d’arredo finisce per essere il sostegno della trama di un documento visivo corale senza pari, tuttora il più completo bilancio sull’AIDS. Ed è grazie a questo elemento pacificatore che ci rendiamo conto di essere di fronte ad un fenomeno sociale – oltre che ad una malattia – che ha sconvolto e stravolto i costumi e la mentalità di milioni di persone nel mondo, dagli anni ’80 del secolo scorso in poi. E la poltrona resta lì, immobile, a ricordarci che, nonostante la lontananza di quel terribile periodo, nonostante i silenzi complici di larga parte della società civile, la pandemia è sempre lì a ricordarci che può fare ancora tanto male, quando meno te l’aspetti, anche a te, magari attraverso un rapporto sessuale non protetto… Quel pomeriggio quando, incontrata una persona mai vista prima, hai avuto quel pensiero fugace, prima…: «…Ma sì, tanto è uguale. A me non succederà nulla…»
Può l’AIDS rappresentare un’occasione di crescita interiore, nonché un’opportunità di evoluzione umana? La visione di questo documentario di utilità sociale ci aiuterà a rispondere di sì.