“Non mentirmi” di Philippe Besson. La mia recensione
Sulla copertina c’è scritto “romanzo”, ma il libro “Non mentirmi” racconta la breve storia d’amore fra l’autore, Philippe Besson, e il compagno di liceo Thomas Andrieu. Un titolo curioso, che non ci si aspetterebbe di trovare nel racconto di un fatto realmente accaduto e che contiene un ideale messaggio rivolto a chi leggerà il suo libro: “stavolta dico la verità”; quando era bambino, la madre gli ordinava di non dire bugie, così della sua attitudine Besson ha fatto una professione, quella dello scrittore, l’ideale per uno che s’inventa luoghi, personaggi e situazioni. Besson però non si limita a giocare con la verosimiglianza e la realtà, ma padroneggia la lingua con uno stile unico, efficace, che va dritto al punto senza giri di parole, secco, sintetico.
È il 1984, Philippe frequenta il liceo, è un secchione che fa gli studi classici per accontentare il padre, che lo vuole letterato dal futuro brillante, e per tenere a bada il pensiero frequente che lo spinge a cercare la compagnia maschile, il segnale che qualcosa in lui funziona in un altro modo.
Philippe è un ragazzo solitario additato da compagne e compagni: chi sospetta che sia un fagot, chi gli ride dietro perché non sbaglia mai un’interrogazione, un compito in classe, chi per quella sua aria distratta, con la testa sempre fra le nuvole. Si sente attratto dal più bel ragazzo della scuola, Thomas, che durante l’intervallo se ne sta per conto suo a fumare nel cortile. Le ragazze lo adorano, già si vedono sedute sul sellino della sua moto a cingergli il torso sodo e ben tornito, ma lui resta immerso nella sua neutralità.
Fino a quando, un pomeriggio, raggiunge Philippe in biblioteca e, furtivo, gli porge un biglietto con su scritto un indirizzo; la relazione nascosta fra i due ragazzi nasce quel giorno. Non potrebbero essere più diversi l’uno dall’altro, i protagonisti: l’erudito e il contadino, il figlio della famiglia bene e quello della famiglia di umili origini, ma Thomas non è un bifolco, è uno studente molto capace, quasi quanto Philippe.
L’autore descrive i loro incontri d’amore con uno stile essenziale, a tratti chirurgico; in oltre 150 pagine quasi mai un termine crudo. I giovani amanti si incontrano in diversi luoghi, alcune volte per amplessi fugaci trascorsi senza dirsi una parola e con la paura di essere scoperti, altre in camera di Philippe per interi pomeriggi, durante i quali, dopo aver fatto l’amore, Thomas si lascia andare a stringati racconti della sua vita, con Philippe a pendere dalle sue labbra, come quando si allunga la lingua per attingere da una brocca vuota le poche gocce di vino rimaste, assetato delle parole striminzite di quel ragazzo schivo che rifiuta di accettare la sua vera natura.
Il libro inizia venti anni più tardi: Philippe sta rilasciando un’intervista quando vede passare quello che gli sembra Thomas da giovane e, malgrado l’evidente assurdità della cosa, spinto da una forza irrefrenabile lo rincorre e si trova di fronte Lucas, il figlio ventenne del suo ex amante; gli chiede notizie del padre e il passato si risveglia in lui in quel preciso momento: i pochi mesi di relazione, l’abbandono, un’estate atroce passata al mare e la partenza di Thomas.
Il dolore si impossessa di Philippe a poco a poco: inizia come un rumore, poi diventa “una sensazione fisica, uno shock, come una collisione.”, un incidente di percorso che si trasforma in un incidente stradale, una storia che già sapeva essere destinata a finire nel giro di pochi mesi, ma che ha suscitato in lui una speranza paradossale, destinata a non avverarsi mai.
Un giorno Thomas dice a Philippe: “Tu non sei come gli altri, tute ne andrai e noi resteremo.” e non solo perché destinato a un futuro già scritto, ma perché ha accettato la sua omosessualità, cosa che a lui non riuscirà.
Rifiutare e nascondere il proprio orientamento sessuale porta solo dolore: si finisce per considerare una parte importante di se stess* come una malattia grave, dolorosa e incurabile. Un brutto male lungo una vita.