Libra di nascere?
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Libra(Spagna, 2006, 4′,10”) è il cortometraggio che la regista spagnola Carlota Coronado ha prodotto quasi sette anni fa per narrare, in poco meno di cinque minuti, la vicenda di una donna in stato interessante (Helena Castañeda) che si trova nei guai a causa del precariato.
Prodotto dalla Koridor Producciones, il corto Libra (il termine spagnolo che indica il segno zodiacale della bilancia) è fatto di quattro soli piani di ripresa, lo stretto indispensabile per richiamare il pubblico alle sue responsabilità civiche, nel momento in cui alla protagonista viene lasciato il compito – difficilissimo – di esporre il suo problema sociale a chi guarda, dall’altra parte dello schermo.
E infatti ad Helena spetta di esporre una questione della massima importanza, di quelle che sono in grado di cambiarci la vita, di fare la differenza in un mondo di lavoratrici e di lavoratori precari, un mondo in cui vivono all’incirca tre miliardi di persone abili al lavoro a fronte di una domanda di un miliardo e ottocentomila posti soltanto; sì, perché il guaio in cui Helena si trova è diffuso sull’intero pianeta e rappresenta, oramai, una vera e propria emergenza sociale.
Helena è seduta nello studio del suo medico ginecologo (José Ángel Égido) e, di fronte alla macchina da presa, comincia ad esporre il motivo della sua richiesta: quindici giorni. Tanti gliene servirebbero per partecipare ad un concorso pubblico che la donna sta preparando da due lunghi anni; il testo da approfondire è composto da un numero enorme di pagine dense di nozioni riguardanti le norme dell’amministrazione locale e quelle del diritto pubblico. Non è tutto: la protagonista ha dovuto abbandonare il precedente impiego pur di riuscire a dedicarsi a tempo pieno allo studio del tomo d’esame, il che ha comportato che la donna, trentaduenne, venga mantenuta dai genitori e dal fidanzato. Umiliante, la situazione della donna, alla quale sembra di essere tornata bimba, quando accompagnava la madre ad acquistare gli abiti per sé, per non parlare dei regali in denaro che, ad ogni festa comandata, le vengono elargiti a parziale copertura di quell’umiliante forma di mantenimento. Inutile è stata la richiesta di spostare l’esame, poiché il caso della gestante “non viene contemplato”. E così Helena si ritrova con una creatura in grembo, amiche ed amici già sistemati e due anni di duro lavoro sui libri che rischiano di andare in fumo, qualora il suo medico non acconsenta a concederle quelle due settimane. «So che sembra un paradosso– asserisce la donna – ma lo faccio per mia figlia. Come posso dare un futuro a mia figlia se non ce l’ho neanch’io?» Quindici giorni in cambio di un posto fisso. E di una vita più dignitosa. Helena sente che la richiesta appena fatta al medico ginecologo è fuori luogo e, perciò, si sente una madre cattiva ancor prima di esserlo diventata. L’uomo, ripreso da seduto di fronte ad Helena, pensa e ripensa ad una possibile soluzione. Sembra perplesso. Le quaranta settimane di gestazione scadrebbero all’inizio del mese di novembre, un giorno prima dell’esame tanto importante per la donna. Dopo averci riflettuto su qualche istante, l’uomo acconsente ad operare un taglio cesareo il 21 di ottobre e conclude: «Sarà della bilancia… Avrebbe dovuto nascere sotto il segno dello scorpione, ma sarà una bilancia…» La protagonista afferma che quello della bilancia è un buon segno e il corto si conclude con la dedica della regista a tutte le donne che lavorano.
Quando, per la prima volta, nel 2006, Carlota Coronado ha accettato di dirigere un video scritto da un’altra persona, è stata accusata di aver prodotto un lavoro femminista; quasi che quello fosse un insulto; quasi che il problema del precariato lavorativo fosse, qualora affrontato dalla parte di una donna, una questione femminista e non un problema di uomini e donne, senza distinzione di genere. Il fatto che la protagonista sia quasi al termine della sua gravidanza non rappresenta il problema che, semmai, è costituito da un mercato globale dell’impiego che costringe milioni di persone in tutto il mondo a vivere un’esistenza interrotta, inframmezzata da continui licenziamenti e da spasmodiche ricerche di un altro lavoro dignitoso, che consenta di pagare le bollette, di arrivare alla fine del mese e, se necessario, di saldare le rate del mutuo sulla casa.
E così, in Libra, la piccola, silente protagonista della vicenda umana di Helena è costretta a rimanere sullo sfondo, giacché la scena le viene rubata dal tema del precariato, quel terribile aut-aut, quell’umiliante “prendere o lasciare” che sta costringendo migliaia di persone, anche nel nostro Paese, a portare avanti esistenze poco sane, in cui la dignità ha perso tutto il suo valore. (fonte)
Libra è tanto semplice quanto efficace e, a detta della regista, la semplicità rappresenta il valore aggiunto di un’opera assai efficace, cui basta poco per richiamare l’attenzione del pubblico.
SCHEDA DEL CORTOMETRAGGIO
Titolo: Libra
Regia: Carlota Coronado
Paese di produzione: Spagna
Anno: 2006
Lingua originale: spagnolo
Formato originale: Betacam
Durata: 4′,10″
Soggetto: Susana Lopez
Sceneggiatura: Susana Lopez
Fotografia: Adriano Castoro
Suono: Ramon Rico
Montaggio: Boris Kozlov
Interpreti: Helena Castañeda, José Ángel Égido
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Lidia Borghi