L’elisir di lunga vita? È scritto nei geni
Il 12 maggio 2010 il quotidiano britannico “The Independent” ha dedicato un articolo alla conferenza, intitolata “Turning Back the Clock” (portare indietro l’orologio), che ogni anno viene organizzata dalla Royal Society. Gli scienziati presenti hanno indicato nel 2012 la data a partire dalla quale sarà possibile combattere dal di dentro i segni lasciati dal tempo sul nostro fisico.
Il progetto è il frutto di anni di ricerche che hanno indotto medici e ricercatori ad analizzare, in particolare, un gruppo di proteine, le “Sirtuine”, le quali avrebbero uno stretto legame con alcune patologie – come il diabete di tipo due o il morbo di Alzheimer – che di frequente compaiono nelle persone anziane. Uno studio italiano ha stabilito una più alta presenza di queste sostanze nelle persone centenarie, piuttosto che nella restante popolazione, mentre il fattore di crescita insulino-simile o IGF (Insulin-Like Growth Factor) e l’ormone della crescita o GH (Growth Hormone) contribuirebbero ad accelerare il metabolismo, causa di morte precoce in molti soggetti. Alcuni scienziati, infatti, stanno trattando l’IGF con farmaci anti-età per analizzarne i possibili effetti positivi, mentre l’enzima CEPT (Cholesteryl Ester Transfert Protein) è oggetto di studi in quanto è in grado di danneggiare il colesterolo buono nel sangue, quello che pone l’organismo al riparo dalle malattie cardiache.
Un’altra recente branca di studi è quella riguardante i “Telomeri”. Presenti in tutte le cellule del corpo umano, essi si accorciano a seguito di ogni duplicazione cellulare, pertanto hanno una vita alquanto breve. Nel momento in cui cessano di svolgere il loro compito, fanno sì che pure la cellula sia soggetta alla degenerazione e alla morte, quindi gli scienziati stanno cercando di inibire l’azione degenerativa – detta telomerasi – messa in atto da un certo enzima sui telomeri, al fine di allungare il più possibile il ciclo vitale delle cellule e, di conseguenza, dell’intero organismo.
A parlare di una data così vicina nel tempo, il 2012, è stato il dottor Nir Barzilai, dell’Albert Einstein College di New York, il quale ha affermato: «Vedo alcuni centenari in gran forma che non dimostrano l’età che hanno. Essi guidano e dipingono e dicono che la vita è bella. (…) Credo che la specie umana abbia la possibilità di arrivare a cent’anni di età, se riusciremo a prevenire queste malattie legate all’invecchiamento (…) Le persone che muoiono intorno ai 70/80 anni passano gli ultimi anni della propria vita ammalati, mentre i centenari spesso restano in salute fino alla fine. Ciò accade perché tutto dipende dai geni. Non da noi».
Barzilai vede nel nostro futuro prossimo una pillola da assumere ogni giorno – da parte delle persone di quaranta e cinquant’anni – che sia in grado di allontanare gli effetti dell’età avanzata. Per fare questo, però, occorre che l’invecchiamento venga riconosciuto come un disturbo da curare e non come un normale deterioramento dell’organismo. Dobbiamo quindi cambiare il nostro modo di pensare in merito agli effetti dell’età sul corpo. E cominciare a ragionare in termini di rallentamento di un fattore collegato all’incremento dell’aspettativa di vita a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, quando le condizioni dell’umanità hanno cominciato a migliorare grazie agli enormi passi in avanti fatti dalla scienza medica, anche nel campo della prevenzione. Ciò ha fatto sì che i soggetti anziani siano aumentati, almeno nelle nazioni più ricche del mondo.
Insomma, , non serve a nulla spendere tanti soldi in creme, lozioni e vitamine che promettono di rallentare gli effetti del passaggio del tempo sul nostro corpo. A comandare, dentro di noi, è il nostro corredo genetico. Esso è in grado di dirci per quanto tempo vivremo e se la qualità della nostra vita è tale da farci stare bene. Il resto possiamo farlo noi stessi. Come? Seguendo un regime alimentare il più possibile sano e senza eccessi, facendo un poco di esercizio fisico, sorridendo, mettendo in pratica la socializzazione e tenendo in esercizio il cervello. Altrimenti la longevità senza salute non serve a nulla.