La tragedia del ponte Morandi sfruttata da un prete del milanese
di Lidia Borghi
Ha trasformato il giornalino parrocchiale in un mezzo per lanciare invettive al veleno contro migranti, omosessualità e omofobia e contrastare la “decadenza civile e morale che attraversa la nostra società.” È don Armando Bosani, parroco di Vanzaghello. Il suo bollettino mensile, Il mantice, invece di informare le parrocchiane e i parrocchiani sugli eventi della chiesa, vuole ostacolare l’involuzione umana, portata avanti da secoli e spacciata per una nuova era che sarebbe mossa da principi contrari a quelli voluti da Dio.
Il quattordici agosto il ponte Morandi crolla portando giù con sé quarantatré persone e tre giorni dopo Marcello Veneziani, dalle pagine de Il Tempo, dedica un lungo articolo alle furberie della famiglia Benetton, a cui attribuisce la piena responsabilità del crollo del cavalcavia sul Polcevera. Fin qui nulla da dire, ha espresso opinioni personali e se ne assume la responsabilità, solo che all’inizio del pezzo il giornalista fa riferimento ai contraddittori messaggi pubblicitari lanciati dai Benetton contro le piaghe sociali del nostro tempo, razzismo e sessismo e “a favore della società senza frontiere, lgbt, trasgressiva e progressista.”
Non passa molto tempo che il nuovo numero del giornalino di don Bosani arriva in tutte le case del comune milanese con un’affermazione sconvolgente: “Il crollo del ponte Morandi è colpa dei progressisti e dei gay.” e, per sfruttare la tragedia di Genova ad usum delphini, pubblica l’articolo di Veneziani e ne riprende la parte relativa alle persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali per continuare a seminare odio omotransfobico.
In tutto questo cittadine e cittadini che fanno? Si dividono fra coloro che seguirebbero Bosani fino in capo al mondo e quelle/i che ignorano il foglio e lo gettano nel bidone della carta.
Altre chicche: che cos’è l’omofobia secondo il parroco? Una cosa che non esiste, “un neologismo inventato dai media allo scopo di manovrare la psiche dei più deboli intellettivamente per far loro accettare la sostituzione etnica.” e la xenofobia? Rappresenta la paura dello straniero, che “è sempre esistita in tutti i tempi e in tutti i luoghi, (…)in tutti i popoli, in tutte le legislazioni e in tutte le famiglie, ma non si chiama xenofobia, si chiama… prudenza. Rientra nel principio della legittima difesa.”
Il mondo ecclesiastico è pieno di preti che fanno o hanno fatto affermazioni del genere; chi non ricorda don Silvio Foddis? Nel 2015 ebbe a dire che con i gay bisognerebbe usare il lanciafiamme. Un’affermazione gravissima proprio perché proviene da un uomo di culto della Chiesa Cattolica, un uomo che dovrebbe avere ben presente il messaggio evangelico d’amore per il prossimo. Un altro esempio: sempre nel 2015 il vescovo cattolico ugandese Charles Wamika ha detto che le persone omosessuali meritano la morte, inoltre ha consigliato ai genitori con figli gay di denunciarli. Per non parlare di David Kato Kisule, attivista LGBT, che viene ammazzato perché gay; al suo funerale il prete officiante si lascia andare a una filippica omofobica, con il corpo di David ancora caldo. Concludo con Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu: nel 2008 la Francia presentò la richiesta della depenalizzazione dell’omosessualità nel mondo, ma lui oppose un netto rifiuto, perché un’eventuale approvazione avrebbe esposto al disprezzo i paesi che non riconoscono le unioni fra persone dello stesso sesso, il che avrebbe rappresentato “una chiara violazione dei diritti umani fondamentali.”
Che certi presuli della Chiesa cattolica ogni tanto se ne escano con assurdità del genere è noto, Bosani non è certo il primo né sarà l’ultimo a sputare sentenze discriminanti, manipolando il messaggio dei Vangeli pur di renderle credibili; certo, è anche vero che molti sacerdoti tacciono, vuoi per convenienza vuoi per distaccarsi da certi pensieri, ma chi tace è comunque colpevole.