La terra dell’estate. La storia di Alice, Frank e Vera
Alice e Vera si amano, la loro storia nasce e finisce a inizio Novecento: Vera vuole un figlio e l’unico modo per averlo è sposarsi. “Cosa siamo e saremmo? Due zitelle che a malapena potrebbero andare in giro, senza neanche avere figli. Resisto a ogni cosa, ai commenti della gente, però voglio diventare madre, più di ogni altra cosa.” dice Vera.
Distrutta, Alice si rifugia nel Kent, in una casa che si affaccia sulle scogliere di Dover. Il ricordo di quell’amore travolgente non la lascerà mai, malgrado tutti i suoi sforzi per scacciarlo dalla mente.
In paese si è fatta la nomea della donna scorbutica, c’è chi le dà della strega, chi della nazista e mentre la vita le scorre accanto, si chiude sempre di più in se stessa, si immerge nei suoi studi di storia, mitologia, leggende e geografia e sforna tesi accademiche una dietro l’altra. Finché…
La Battaglia d’Inghilterra imperversa, l’aviazione tedesca bombarda Londra di continuo e molte bambine e molti bambini sfollati vengono mandati nei paesi delle zone più interne, dove le bombe non arrivano. Uno di questi è Frank, un ragazzino riccioluto, intelligente e sveglio che è stato assegnato alla burbera scrittrice, la quale dapprima si rifiuta di tenerlo, poi accetta, ma solo per una settimana.
Saranno sette giorni dilatati nel tempo durante i quali Alice e Frank faranno amicizia; a unirli le ricerche in apparenza strambe che la studiosa riesce a sviluppare malgrado la sua cattiva reputazione e il ricordo dell’amore abbandonato che Vera le ha lasciato in eredità; Alice non è più sola.
È il mito della fata Morgana a mantenere i loro sguardi fissi sull’orizzonte, il fenomeno fisico della rifrazione che crea come dei miraggi ed è anche quello di Summerland, la “Terra dell’estate” o paradiso pagano, un luogo che comunica con il mondo attraverso le forme delle nubi. Summerland “è tutto intorno a noi, uno strato che non possiamo vedere”, dice Alice.
In paese c’è il razionamento, ma non si sta poi così male, ci sono uova, patate e un po’ di carne; una sera Alice cucina lo spezzatino e lo serve con il purè; durante la cena Frank comincia a farle domande sulla persona che ha amato e lei, dapprima riluttante, si lascia andare e gli rivela che quella persona è una donna: «Tu pensi che sia strano che una donna ami un’altra donna, Frank?»
«No.»
«Per molte persone è un male.»
«Perché?»
«Non lo so. Credono che sia sacrilego voler bene a qualcuno. Dovrei bruciare all’inferno.»
«È meglio che sposare chi non si ama.»
La perspicacia di Frank a poco a poco la conquista: non passa giorno che non si stupisca della sensibilità e della fame di conoscenza e di avventura che anima quel ragazzino solo, portato via dalla sua casa, lontano dai genitori: la madre ogni giorno scampa alla morte in un rifugio antiaereo e il padre è imbarcato su una portaerei di Sua Maestà Britannica; così alla passione per gli aerei Frank affianca quella nuova, per i miraggi e la magia e tutte quelle altre cose misteriose che Alice studia e che, giorno dopo giorno, gli aprono il cervello, mentre la scorbutica quarantenne infuriata con la vita, che fuma come una ciminiera e pesta i tasti della macchina da scrivere per mettere in bella copia i suoi appunti, comincia a voler bene a Frank, il quale esprime la sua curiosità con domande sagaci e a volte imbarazzanti.
La “Cura Frank” aiuta Alice a sentire di meno il vuoto incolmabile lasciato da Vera per una storia che non sarebbe dovuta finire, per un amore tanto intenso e per un’attrazione che andava al di là della sfera erotica. Poi lo strappo e il dolore atroce dell’addio.
La storia d’amore tra Vera e Alice è la chiave di volta del film, è il meccanismo azionando il quale tutte le tessere del mosaico troveranno la loro sistemazione: ognuno occuperà il suo posto nel cielo sopra Dover, il luogo non luogo dove alle volte si vedono delle nuvole a forma di castelli e dove Frank colloca la “Terra dell’estate”, il paese in cui si trovano le persone care, che parlano con noi tramite le forme delle nubi.