A dicembre del 2013 il regista Raffaele Tamarindo e la sua squadra hanno dato alla luce la loro nuova creatura, La solita storia (I, 2013, 7′, 33”), un cortometraggio particolare che si apre con i due protagonisti ripresi di schiena, mentre percorrono i sotterranei di un posteggio. Sarà un caso? Non credo. Scopriamo il perché.
Mentre camminano, Raffaele e Luigi stanno discorrendo di un recentissimo fatto di cronaca, la morte violenta di due giovani a seguito di un grave incidente d’auto. L’uno pone domande piene di dubbi e l’altro, con una sicurezza granitica, prende a smontarli uno per uno. Un frontale pieno ha coinvolto due auto che procedevano a forte velocità ed ha strappato alla vita due persone, distruggendo in modo totale i due veicoli; impossibile salvarsi, asserisce Luigi. Ora del decesso, domanda Raffaele? Le tre e mezza. Un “rumore terrificante” e poi più nulla. Un fracasso che segna in modo inesorabile il repentino passaggio dall’attimo prima – pieno di vita – all’attimo dopo, quando tutto si fa buio. “Un classico… La solita storia”, commenta Raffaele: strade deserte, i mezzi condotti a folle velocità e poi il botto. Bam! Sì, sottolinea Luigi: è sempre la solita storia, come a dire che sono cose che accadono, ma Raffaele non ci sta. Lui non la vede in quei termini. Non è vero che l’esistenza è difficile, motivo per cui a molti non resta che rifugiarsi nell’alcool, no. E Luigi continua a dire che si è trattato di un caso. Chissà…
Accidente o destino? Caos o predestinazione? Ed ecco che i due protagonisti salgono su un ascensore; una volta giratisi a favore della macchina da presa, è il primo interlocutore a rompere il breve silenzio: lui che non crede nelle statistiche e nell’indeterminatezza della vita, negli imprevisti e nelle probabilità, ma il secondo resta fermo sulle sue posizioni e le difende a spada tratta. Fino a che…
La solita storia è un corto intimistico che ci svela il volto interiore di un autore assai sensibile, che riesce a toccarti il cuore con le sue vicende semplici ma profonde, mai banali. In esse gli interrogativi che da sempre le persone si pongono, vengono sviscerati con una rara capacità di sintesi, forte di una scrittura filmica efficace, che va diritta al punto senza fronzoli ed inutili giri di parole.
La solita storia va vista sino in fondo perché, ne sono sicura, riuscirà a colpire il cuore di chi guarda per il suo finale inatteso quanto stupefacente. Uno schiaffo proveniente dalle buie quinte di un teatro, che giunge sul volto del pubblico senza che questo possa avvedersene. Come la vita che, quando meno te lo aspetti, ti pone di fronte improvvise salite che tolgono il fiato o benefiche discese, che ti permettono di riprendere a respirare, almeno per un po’. E Tu non puoi fare a meno di accogliere tutto ciò che l’esistenza ti dà, nel bene come nel male, giacché il rifiuto non è contemplato e, spesso, la partita si gioca tra il bere e l’affogare. Tertium non datur.
Prodotto dalla Neverendingots, la casa di produzione di tutti i cortometraggi di Raffaele Tamarindo & Co., il video La solita storia è stato scritto, diretto e montato da Raffaele, prodotto da Mario ed impreziosito dalla musica di Egidio Davide Salzano, colui che ne ha curato pure il suono in presa diretta. Dobbiamo infine a Francesco Laezza la cura fotografica del corto. La mia menzione speciale va a Luigi Silvestro, braccio destro – ma anche sinistro – di Raffaele, nonché ottimo e sensibile interprete delle storie in video di Tamarindo, colui che riesce a conferir loro quel valore aggiunto che fa la differenza. Sempre.
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Lidia Borghi