La notte prima della fine, il romanzo d’esordio di Vittorio Attanasio
Recensione pubblicata sul n° 37 di Tracce
Sensazioni. Mille. Affastellate in un angolo della mente: malinconia, nostalgia, impotenza, rassegnazione, un dolore che si fa acuto dramma umano, fino alle estreme conseguenze. E quell’amore che diviene speranza, riflesso negli occhi di un giovane adolescente piegato, suo malgrado, dalla vita.
E tutti quei piani di lettura, tenuti insieme da un filo invisibile, una cordicella appesa al cielo. Anche quella è speranza; un appiglio che diventa approdo, un riparo dalla violenza del vivere umano. Per poter dire: “Bene, ora posso far riposare le stanche membra, il capo dolente adagiato sul grembo del Cielo, là dove tutto diventa possibile. Senza se e senza ma…”
La notte prima della fine, testo d’esordio di Vittorio Attanasio, è questo e molto di più e, per far propri tutti quei sentimenti, c’è un solo modo: leggere la storia di Andrea e di Stefano, con tutti gli altri personaggi che impreziosiscono una vicenda a tinte cupe, come i vicoli umidi – e a volte lerci – del Centro storico genovese o come quelle strade di periferia, tutte uguali a se stesse, se ci passi al buio, nei cui recessi si consuma la vita illegale di tante anime che vivono ai margini: prostitute e loro protettori, barboni, spacciatori e loro clienti, piccoli teppistelli armati di coltello e gente della Genova benein cerca di emozioni forti.
E, sullo sfondo, ma neppure tanto, quel divario generazionale che si erge come uno spesso muro tra madri e padri cinquantenni o giù di lì e le loro creature adolescenti. Come se ci dimenticassimo di aver avuto, pure noi, quindici anni. E quella barriera impenetrabile può essere abbattuta solo a colpi d’amore. Ci riuscirà Andrea con Stefano, l’amato figlio che l’esistenza ha costretto a crescere troppo in fretta.
L’analisi psicologica dei personaggi de La notte prima della fineè profonda come il cuore di chi l’ha costruita e non fa sconti, mettendo chi legge di fronte alle sue paure più recòndite, descritte senza giri di parole; una serie di piccoli schiaffi che, a tratti, al dipanarsi del testo, ci destano dal nostro torpore esistenziale per dirci: “Ehi, apri gli occhi! La vita è una merda…”
Tinte cupe, si diceva. Malgrado ciò il libro di Attanasio ci offre ben più di uno spunto di riflessione sulla forza dei sentimenti umani; sono questi ad aiutarci quando la disperazione ci serra la gola e, nel momento in cui pensiamo di essere sul punto di soccombere, ci salvano dalla perdizione.
Durante la prima presentazione genovese del libro, avvenuta il 22 marzo 2014 presso la libreria Falso Demetriodi Genova, l’autore ha spiegato solo alcuni dei motivi che lo hanno spinto a far virare la vicenda di Andrea e Stefano verso il noir, durante la stesura del suo libro, il cui tema principale, quello dell’incomunicabilità tra adolescenza ed età matura, ha finito per passare in secondo piano, soverchiato dalla forza, a tratti cruda, degli eventi che porteranno all’epilogo in un susseguirsi di frasi, azioni e comportamenti di una violenza inaudita.
Da leggere, di sicuro, La notte prima della fine, con le sue figure di contorno che starebbero bene all’interno di una fiction da prima serata in televisione. Come il capitano Ferrando, il pacato carabiniere che Andrea incontra all’inizio della narrazione: un méntore in piena regola, un padre amorevole che, da uomo di mondo, sa mettere i suoi ospiti a loro agio e, con una pazienza infinita, riesce a tirarti fuori i sentimenti più neri.
Vittorio Attanasio è musicista e scrittore, fra le tante altre cose ma, soprattutto – ora lo posso dire con certezza – un narratore sensibile che è riuscito a descrivere l’omosessualità maschile con rara profondità, degna di un’anima avvezza all’amore. Quello di un padre per il figlio e per la figlia. Quello di un maschio per una femmina. Quello di un uomo per un altro uomo ma, soprattutto, quello di chiunque sia disposto ad anteporre il cuore alla ragione. Anche quando fa male. Anche quando sai che ti sfracellerai al suolo. Perché è la vita, bellezza e tu non ci puoi fare proprio nulla.
Lidia Borghi