Silvia Lanzi è una giovane scrittrice lesbica giunta alla sua seconda prova letteraria. Con sincerità disarmante ed una notevole voglia di raccontare al mondo quanto sia “normale” la vita di una donna che ama le donne, ci introduce nel suo mondo di coincidenze solo apparenti nel quale, come all’aprirsi di altrettante porte scorrevoli – le Sliding Doors di una nota pellicola cinematografica britannica – ogni tessera di un ipotetico mosaico va al suo posto nel momento in cui si trova il coraggio di lasciare il giusto spazio alle relazioni interpersonali, quelle stesse che spaventano migliaia di persone e che spingono molte e molti di noi ad intraprendere un percorso psicoanalitico pur di riuscire a viverle. Quella che segue è l’intervista che Silvia ha voluto donare alle lettrici ed ai lettori del Progetto Gionata su fede e omosessualità
Silvia, la tua seconda prova letteraria si intitola “Coincidenze”. A giudicare dal tuo testo sembra che esse giochino un ruolo importante nella tua vita. Fondamentale, oserei dire…
R.: Non so, sinceramente. Forse quelle che chiamo coincidenze sono solo una concatenazione di eventi, ma è anche vero che, quando inizi a vedere le cose in un’ottica positiva, sei più disposta ad accogliere, appunto, “coincidenze” che prima non avresti nemmeno visto.
Leggendo il tuo libro si avverte netta la tua voglia, la tua esigenza di raccontarti. Quanto conta per te la narrazione diretta, fatta di testimonianze veritiere?
R.: Per me raccontare, significa raccontare di me. La mia non è narrativa in senso stretto. È una sorta di catarsi. Qui, ma soprattutto in “Libera di volare” la parola è regina. Mi aiuta a rientrare in me stessa e a capire: vuol dire cercare di guarire dalle ferite interiori.
In “Coincidenze” citi un libro fondamentale per la tua formazione umana, “Alle porte di Sion”, scritto da don Pezzini, in punto di riferimento umano, ancor prima che spirituale, di centinaia di lesbiche e gay credenti. Che cosa ti ha donato quel testo?
R.: Mi ha fatto capire che non ero sola e che non ero la sola lesbica ad avere una vita normale e tranquilla. Al di là della ricerca religiosa, le voci del libro erano quelle di uomini e donne che potresti trovare per strada, che si alzano la mattina, vanno al lavoro, incontrano amici e leggono libri. Persone, appunto, normali.
“Coincidenze” non può essere certo definito un libro qualunque, non foss’altro perché in esso parli della tua “lesbicità” (il termine è stato coniato per la prima volta dalla grande lesbica femminista Edda Billi)…
R.: Parlare della mia lesbicità è qualcosa da cui non posso prescindere, dal momento che nel libro parlo di me e di quel che mi è accaduto e parte di quel che mi è accaduto è stato accorgermi della mia attrazione verso le altre donne
…E del tuo primo amore…
R.: Sì, il mio primo amore. È stato fondamentale per me, una sorta di banco di prova, lasciarmi andare ad emozioni e sentimenti che fino a poco tempo prima credevo potessi, anzi dovessi, provare, solo per un ragazzo. Mi sono sentita finalmente completa e, nonostante i timori e la paura di vivere questo amore così diverso, mi sono resa conto di essere me stessa, forse per la prima volta nella mia vita.
Quanto è stato importante, per la tua sanità, mentale, il percorso psicoanalitico da te intrapreso… Quando, di preciso?
R.: Scoprirsi lesbica alla non più verdissima età di ventiquattro anni comporta il rivedere e il ricostruire tutta la tua vita. È una cosa destabilizzante. Cosa significa amare un’altra donna? Cosa e quanto del tuo passato è stato frutto di un fraintendimento e quanto invece è da tenere? Come mai non lo si è scoperto prima? Non sarà solo una cotta passeggera? Queste e altre domande affollano la mente. L’aiuto di un professionista è importantissimo. Ti aiuta a far chiarezza in te stesso, a camminare. Avere qualcuno con cui confrontarti, che sappia come accompagnarti nel percorso di scoperta e che non abbia pregiudizi in merito è fondamentale.
Infine, Silvia, come spesso accade in conclusione delle mie interviste, ti invito a dare alle lettrici ed ai lettori del Progetto Gionata almeno tre buoni motivi per leggere il tuo libro.
R.: Non so se riuscirei a trovarli. Un libro ti prende o non ti prende. Potrei invitare i lettori di Gionata a trovare tre o, magari, più motivi per leggere il mio libro. Uno potrebbe essere che sono rimasti intrigati dalle domande – e dalle risposte – di quest’intervista.
Lidia Borghi