Indizi di sadismo psicologico
Non mi hanno mai dato retta. Non mi hanno mai dato credito. Non mi hanno mai ritenuta degna di attenzioni, ero trasparente. Ovunque andassi, ovunque fossi, c’era sempre qualcuno che mi guardava come se fossi un’extraterrestre piovuta dal cielo. Facevo di tutto pur di rendermi visibile, ma passavo per quella che esagera. La mia vita era un inferno, studiavo come una matta, tutti 30 all’università, ero saccente, la signorina “So tutto io”: la mia vendetta consisteva nel punire a suon di erudizione chiunque mi ignorasse, primo fra tutti mio padre, il mio carnefice. A volte tiravo fuori un argomento in cui credeva di eccellere per sputtanarlo e lui, irritato, anziché farmi i complimenti per la mia preparazione, mi provocava fino a che scoppiavo a piangere. In quei momenti ero senza speranza. Mia madre era l’unica a prendere le mie difese: si sentiva impotente perché non riusciva a spegnere quegli attacchi di afflizione che mi riducevano uno straccio, il volto rosso, deformato dal pianto parossistico, la tosse convulsa, i singhiozzi e i conati di vomito. Capii molto presto cosa voglia dire vivere intrappolata in una gabbia dalle sbarre roventi che a poco a poco mi stavano bruciando viva. Io non cercavo il dolore, volevo solo essere amata e non pensare ogni momento ad ammazzarmi.