Il “viaggio allucinante” di J. C. Bose all’interno degli organismi vegetali
Jagadish Chandra Bose (30 novembre 1858 – 23 novembre 1937) fu un celebre fisico e fisiologo indiano cui dobbiamo i primissimi esperimenti che portarono all’invenzione della radio. Fu lui, infatti, ad ideare il primo dispositivo capace di captare le onde radio, un “coesore” senza fili (in inglese coherer) di ferro/mercurio/ferro dotato di un ricettore telefonico.
Era il 1899. Il primo esperimento in tal senso venne però effettuato cinque anni prima, quando il fisico indiano riuscì a far suonare a distanza una campana mediante l’uso di onde elettromagnetiche e dimostrò così che esse si possono propagare anche senza fili elettrici. Ben presto lo scienziato si distaccò da questo ramo della ricerca per dedicarsi in modo assiduo allo studio della fisiologia dei vegetali.
È infatti del 1899 l’ideazione di un apparecchio denominato “Crescograph” (in italiano crescografo, dal latino crescere) che valse allo studioso, nel 1900, il titolo di Baronetto. Nel 1902 Bose pubblicò il libro “Response in Living and Non – living” (letteralmente “la risposta in ciò che vive e in ciò che non vive”) in cui dimostrò l’unità inscindibile di ogni organismo vivente.
Come scrisse Paramahansa Yogananda nella sua “Autobiografia di uno yogi” (a pagina 72 della versione aggiornata) «il crescografo Bose consente un ingrandimento di dieci milioni di volte. Il microscopio ingrandisce solo di qualche migliaio di volte, eppure ha dato alla scienza biologica un impulso vitale. Il crescografo apre orizzonti sconfinati».
Questo formidabile congegno ha permesso a J. C. Bose di provare che anche gli organismi vegetali dispongono di un sistema nervoso che mette in atto un continuo interscambio con l’ambiente circostante. Anche le piante, quindi, dispongono di una vita emotiva propria. «Amore, odio, gioia, paura, piacere, dolore, eccitabilità, stupore, come tante altre risposte appropriate agli stimoli ricevuti, sono reazioni universali, condivise sia dalle piante sia dagli animali». Questo mirabile ricercatore riuscì a giungere al sottile confine che esiste tra la fisica e la fisiologia, ad abbatterlo ed a rilevare le innumerevoli zone di congiunzione fra il regno vegetale e quello inorganico.
Fu così che lo scienziato bengalese scoprì che la materia inorganica è viva e palpitante. «Una reazione universale sembrava porre sotto una legge comune i metalli, le piante e gli animali: tutti manifestavano (…) gli stessi fenomeni di fatica e depressione, (…) come pure la stessa mancanza definitiva di reattività propria della morte».
Come funziona il crescografo? Avendo esso un potere di ingrandimento che è stato superato solo da quello del microscopio elettronico a scansione (S.E.M., dall’inglese Scanning Electron Microscope) è in grado di rilevare anche i più minuti movimenti, persino di un vegetale.
A pagina 75 dell’Autobiografia di uno Yogi il suo autore descrive un esperimento che Bose effettuò su una felce. Mentre la crescita della pianta si materializzava sullo schermo dello studio del botanico indiano, Yogananda poté assistere a quel che accade a seguito della somministrazione di cloroformio alla felce. La crescita smise quasi di colpo, per riprendere solo quando Bose le ebbe dato un antidoto.
Immaginiamo quindi ciò che può accadere quando recidiamo dei fiori o qualche filo d’erba. «Il mio compagno trafisse la felce con uno strumento affilato. Spasmodiche contrazioni indicarono l’intensità del dolore. Quando egli affondò nel gambo la lama di un rasoio, la sagoma si agitò convulsamente, poi si acquietò nell’arresto finale della morte».
C’è di più. In uno scritto del 1900 dal titolo “Risposta dei metalli”, lo scienziato asiatico abbatté ogni barriera tra la materia inerte e quella vivente descrivendo l’uso di un’apparecchiatura che è in grado di misurare l’intensità della risposta da parte dei metalli agli stimoli elettrici. Come piante ed animali, se sottoposti a scariche elettriche, – seppur di lieve intensità – finiscono per perdere la loro forza vitale, allo stesso modo reagiscono i metalli. L’acciaio, per esempio, è soggetto alla fatica al pari degli altri organismi viventi. «Ora farò un esperimento con un pezzo di stagno. La forza vitale dei metalli risponde agli stimoli in maniera positiva o negativa. I tracciati registreranno le varie reazioni. (…)
Quando il professore mise del cloroformio sullo stagno, le vibrazioni dell’ago si arrestarono, per ricominciare via via che il metallo ritornava lentamente alla normalità. Il professore trattò il metallo con una sostanza chimica velenosa. Proprio mentre cessava l’ultimo sussulto del pezzo di stagno, l’ago tracciò drammaticamente sul grafico l’annuncio della sua morte» (Autobiografia di uno Yogi, pagina 76).
Gli studi di Bose durarono ben quattro anni e lo fecero giungere alla conclusione, come detto, che la vita sul nostro pianeta sia soggetta a regole comuni, sia che ci riferiamo alla materia inerte sia che parliamo di quella organica. E infatti, Bose appurò che la retina dell’occhio e le foglie hanno le stesse identiche reazioni se sottoposte ad una fonte di luce, che le piante hanno nervi del tutto simili a quelli degli organismi animali e persino che il sistema digestivo di animali e piante carnivore è identico.
Le realizzazioni di Bose in campo scientifico non ebbero l’applicazione che ci si sarebbe attesi, all’inizio del Novecento, né oggi le cose vanno meglio. Pensiamo solo all’uso pratico delle sue scoperte in ambito medico. Quando il botanico provò a somministrare un’identica dose di farmaco a due organismi, uno vegetale ed uno animale, riscontrò una strabiliante analogia di reazione.
Ciò significa che, se solo ci affidassimo alle sue scoperte, potremmo dire addio alle sperimentazioni di farmaci e terapie sugli animali e sugli esseri umani. Se e quando il Genere umano si deciderà a considerare la vita sulla terra come un unico insieme che sottostà ad un principio comune, sia esso Dio o l’energia cosmica, le vicende degli esseri viventi che trovano accoglienza e riparo sul Pianeta non potranno che migliorare. Fino ad allora possiamo solo augurarci che la lungimiranza, merce assai rara di questi tempi, abbia la meglio sull’attuale sistema economico e sociale che porta solo guai e dolore.