I cinque elementi scientifici per riconoscere un ghei in famiglia. Il delirio omofobo di un blog lucano
Il 13 maggio scorso, a ridosso della giornata internazionale contro l’omofobia, uno dei tanti blog presenti in rete, “Lucania News”, ha pubblicato l’articolo “Come riconoscere un gay: ecco i consigli da seguire”, in cui l’autrice, una certa Maria C., in un italiano precario così esordisce: “riuscire a capire se un uomo o una donnae(sic!) gay” è “un discorso un pochino spinoso.” ed è difficile “farli uscire allo scoperto.” come fossero animali da stanare, insomma.
Dopo questa folle premessa omofoba dice di voler offrire una guida a quanti, genitori, amici, mogli e parenti vari, vogliano “riconoscere i segnali” che fanno di qualcun* una persona lesbica o gay; sì, perché un gay non dichiarato – da qui in poi le lesbiche non sono pervenute, come la temperatura di Santa Maria di Leuca – potrebbe non essere facile da “decifrare”, in pratica come un enigma.
Ed eccoli isegnali, ben cinque, ovverogli “elementi scientifici”diun misteriosostudio di Oxfordche aiutano a scoprire se un congiunto è gay:
1- Desiderio sessuale discontinuo– perché, le persone etero hanno un desiderio sessuale costante?
2- Ricerca di compagnia maschile e continui contatti, come carezze o abbracci verso persone dello stesso sesso– non era la Chiesa cattolica a usare toni del genere?
3- Sensibilità estrema– espressione che fa tanto bugiardino: “se ne sconsiglia l’assunzione in caso di sensibilitàa uno dei componenti…“ e direi che è meglio fermarsi qui.
4- Atteggiamenti effeminati, non solo nei gesti, ma anche nell’abbigliamento- suvvia Maria – mi si perdoni la rima – davvero vuol far credere di ignorare che lo stereotipo della checcaè trito e ritrito?
5- Sfuggente sul discorso dell’omosessualità– su questo le do ragione, ma non per il motivo che crede lei: spesso i gay non dichiaratiscelgonodi non farecoming outperchéhanno paura di ciò che provanoeogni giorno portano su di séil peso dell’omofobia interiorizzata, inoltresono costretti a viveresulla propria pellelo stigma di una società omofoba che non tutela le personefuori di una presunta norma,leconsidera di serie B e leghettizza.
L’articolo continua col dire che i gay prima o poi quel desiderio sessuale represso devono soddisfarlo, perché la loro sensibilità aumenta fino all’eccesso. Sempre arrapati sti gay, insomma.
Dopo quest’accozzaglia di farneticazioni Maria C. passa a occuparsi dei genitori, degli amici, delle mogli e dei parenti vari di cui sopra i quali, se “a lungo andare” cominciano a notare che “’qualcosa non è chiaro’”, come tante Miss Marple possono cominciare a spiare la cronologia del pc e a leggere i messaggi sui dispositivi mobili del congiunto sospettato di essere posseduto dal demone dell’omosessualità. A quanto pare Maria C. non conosce l’uso delle password, senza contare che, pur dicendo che tali azioni non rappresentino “un’azione legale”, possono essere “uno spunto per chiarire la situazione.”
Che dire poi delle chat e dei link ai siti porno per gay? Non sono chiari indizi, si chiede Maria C., per stanare il gay che si nasconde nel proprio familiare? La sua conclusione è da premio “Golden Raspberry Awards”1: “Per eliminare ogni dubbio, quando avete poi accumulato indizi, prove e quant’altro, l’unica cosa da fare è chiederlo.” e, aggiungo io, la più rispettosa.
Infine dàalcuni “consigli da non dimenticare” per non urtare la sensibilità del presunto omosessuale, che non deve essere trattato in modo aggressivo se non vuole fare coming out; una specie di lista della spesa in cui la parola rispetto non vienemai nominata.
La chiusura del pezzo è degna di un giornalino parrocchiale: “In queste situazioni valutate i vostri sentimenti verso l’altra persona e cercate un approccio che sia rassicurante. Accettate quello che vi dice, senza giudicare […]. Il consiglio migliore è la pazienza e comprensione.” Che Maria C. sia una cattolica integralista? Qualche giorno più tardi l’articolo è stato tolto dalla rete.
1 Il premio annuale assegnato al peggior film dell’anno, il “Lampone d’oro”.