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Grey’s Anatomy e la democrazia dell’amore

Come migliaia di persone in Italia e milioni nel mondo, sono un’appassionata spettatrice del Medical Drama Grey’s Anatomy, giunto quest’anno all’undicesima stagione. In patria le vicende di Meredith Grey & Company – uscite dalla geniale penna di Shonda Rhimes – hanno cambiato per sempre il concetto di serie televisiva, grazie sia al particolare tipo di narrazione per immagini sia all’indagine psicologica di ogni protagonista: che siano maschi o femmine, etero od omosessuali, di qualunque provenienza geografica, i personaggi analizzati dalla spesso impietosa lente d’ingrandimento della sceneggiatura, vengono ritratti in modo che non solo i loro pregi e le rispettive predisposizioni naturali, ma pure i difetti più sgradevoli siano ben presenti all’occhio di chi guarda.


Quel che, in particolare, da sempre affascina e colpisce la sottoscritta è la volontà di raccontare le tante storie che di volta in volta si intrecciano al canovaccio di base, con una competenza ed una cura speciali, che mai lasciano alcunché al caso; così, per i teatri di posa di Grey’s Anatomy sono di volta in volta passati/e: sex addicted, persone affette da disturbo ossessivo compulsivo o da qualsiasi tipo di dipendenza psicologica (alcool, cibo, gioco, droghe, fumo, sport estremi), individui affetti da sindrome maniaco depressiva, border line, schizofrenici, paranoici, depressi reattivi o ciclici e quant’altro.

E poi c’è il tema dei temi, il canovaccio dentro il canovaccio, una trama spessa, un ricamo, a volte pieno di circonvoluzioni simili a quelle presenti nella corteccia cerebrale, a volte lineare come l’orizzonte tra cielo e mare, fonte ora di un dolore sordo, atroce, a tratti annientante ora di una felicità immensa, arricchente, come solo i rapporti umani sanno essere, se li si sa ascoltare, vivere nel profondo: l’amore. Sì, in Grey’s Anatomy l’amore la fa da padrone e, grazie alla profonda sensibilità di script makers come Shonda Rhimes, esso ha finito per trasmettere ai milioni di fans sparsi per il mondo una sorta di democrazia, che ha a che fare con il rispetto per la diversità, di qualunque tipo essa sia.

E così, per il Pronto Soccorso del Seattle Grace & Mercy West Hospital (poi Grey – Sloan Memorial Hospital) abbiamo visto transitare – ora dirette/i in sala operatoria ora alle camere mortuarie – persone di ogni razza, ceto sociale, mentalità, credenza religiosa o spirituale, identità di genere ed orientamento sessuale; tutte le tematiche calde o scottanti, che si trattasse della xenofobia o dell’omofobia, della transfobia o del pregiudizio religioso, hanno avuto il loro posto nelle sceneggiature di Rhimes e ci hanno dato la possibilità di scegliere se continuare a dividere il mondo in buoni e cattivi oppure se cominciare a rimboccarci le maniche, prenderci le nostre responsabilità civili ed accogliere, infine, dentro di noi, quella democrazia affettiva, al fine di farla nostra e divulgarla, ché a parlar d’amore siam tutte/i brave/i ma, quando c’è da metterlo in pratica, da dimostrarlo a chi è altra o altro da noi, quando c’è da accogliere chi non la pensa come noi, chi non ci sembra uguale a noi perché grasso, occhialuto, effeminato, mascolino, nero, giallo, storpio, offeso nel corpo o nella mente, gay, lesbica, trans, donna, beh… Ecco che la fuga diventa l’unica opzione possibile.

Ci sono molti modi di fuggire. Il più delle volte scappiamo da noi stesse, da noi stessi, dalle nostre paure inconsce, da quel terrore cieco che ci paralizza e non ci permette di usare il cuore; è così che ci aggrappiamo all’unica cosa che sembra offrirci un rimedio, la mente, ben sapendo che il sollievo sarà momentaneo, poiché solo la riemersione dei nostri dolori più profondi, quelli che ci portiamo appresso dall’infanzia – quel pesante fardello di dita puntate contro, di giudizi atti a farci sentire brutte/i, sporche/i e cattive/i, il continuo ricorso da parte dei genitori ad antitesi del tipo bene/male, bello/brutto, vero/falso – riuscirà ad indurre in noi la guarigione da quel panico che minaccia di annientarci, ogni volta che la diversità bussa alla porta del nostro cuore, in cerca di rispetto ed accoglienza.

Scrisse la psicoanalista Alice Miller, a proposito del disprezzo che milioni di persone adulte provano nei confronti del prossimo: “Bastava l’atto più innocente perché egli (il paziente. N.d.r.) si sentisse sporco, volgare, assolutamente annientato. (…) Solo adesso, vivendo questi sentimenti, il paziente comprende che il suo primitivo adattamento attraverso la scissione non esprimeva viltà, ma era stato realmente la sua unica possibilità di sopravvivere, l’unica possibilità di sottrarsi all’angoscia di essere annientato. (…) Il nazionalismo, l’odio per lo straniero e il fascismo in fondo non sono altro che infiorettature ideologiche di tale disprezzo. Èla fuga dinanzi ai tormentosi ricordi rimossi del disprezzo sofferto un tempo, che porta al pericoloso e distruttivo disprezzo verso tutti gli esseri umani, disprezzo che viene assurto a programma.” (Alice Miller, Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé, Bollati Boringhieri, Torino, 2014 – ristampa)

Altrove, in merito alle radici sociali della violenza, così Miller si espresse: “Da alcuni anni è stato scientificamente provato che le conseguenze perniciose dei traumi subiti da bambini si ripercuotono inevitabilmente sulla società. Questa scoperta riguarda ogni singolo individuo e, se opportunamente divulgata, dovrà portare a un mutamento sostanziale della nostra società e soprattutto dovrà liberarci dalla cieca spirale della violenza.” (Alice Miller, ibidem)

Ecco: la prossima volta che leggeremo su un periodico delle malefatte di gruppi come le sentinelle in piedi oppure del vomito intellettuale fuoriuscito dalla tastiera di personagge come la giornalista fondamentalista cattolica Costanza Miriano, avremo uno strumento in più, anzi due, per comprendere quanto il male ricevuto durante i primi anni di vita possa compromettere il buon funzionamento del cuore – e non mi riferisco al muscolo che batte il ritmo vitale dentro di noi – inducendo persone all’apparenza sane di mente a mettere in pratica comportamenti contrari al comune senso del rispetto che si deve a qualunque essere umano: la democrazia dell’amore di Grey’s Anatomy e le rivoluzionarie ricerche di Alice Miller.

Qualora il paragone vi risultasse un poco azzardato, provate a guardare dall’inizio alla fine un episodio del celeberrimo Medical Drama statunitense e poi lasciatemi i vostri commenti. Alla mala parata potreste leggere gli illuminanti testi di Alice Miller. Mica cotiche. Anzi: mica sentinelle in piedi.


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Lidia Borghi

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