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Grafene, l’oro elettronico di Andrej Gejm e Konstantin Novosëlov, vincitori del premio Nobel 2010 per la fisica

All’indomani dello scalpore suscitato negli ambienti vaticani dall’assegnazione del premio Nobel 2010 per la medicina a Robert Geoffrey Edwards, colui che ideò la fecondazione in vitro, il cinque ottobre 2010 l’Accademia Reale delle scienze di Stoccolma ha assegnato l’ambito premio per la fisica agli scienziati Andrej Gejm e Konstantin Novosëlov – dell’Università di Manchester – i due fisici di origine russa che hanno effettuato i primi studi sul Graphene, la sostanza formata da un solo atomo di carbonio.

Gejm e Novosëlov, naturalizzati l’uno olandese e l’altro britannico, hanno scoperto il Graphene nel 2004 quando, analizzando la comune grafite di cui è fatta l’anima delle matite da disegno, ne hanno trattato i cristalli con un composto chimico formato da acido solforico ed acido nitrico, dopo di che hanno sottoposto il tutto ad ossidazione ed esfoliazione. La sostanza che ne è scaturita è appunto il Graphene, uno “strato monoatomico di atomi di carbonio”, come è specificato sul sito dell’ENEA, la cui struttura, assai particolare, fa sì che possa essere impiegata in molti settori industriali, ottico, fotovoltaico ed elettronico, grazie anche alla sua proprietà di grande conduttore termico ed elettrico.

All’aspetto il Graphene si presenta come un materiale molto resistente di colore azzurrino, semi trasparente e flessibile, il più sottile che esista, il che potrebbe far sì, in un futuro non troppo lontano, che esso sia in grado di sostituire il silicio all’interno dei chip, le microscopiche unità che garantiscono il funzionamento di tutti gli apparecchi elettronici. Il perché di ciò sta nel fatto che, al di sotto di un certo spessore, il silicio non è più in grado di garantire il funzionamento dei microchip, al contrario di quanto avviene con la sostanza scoperta da Gejm e Novosëlov, la quale non avrebbe limite alcuno alla miniaturizzazione, poiché un foglio di Graphene è formato da un solo atomo di carbonio. Questo particolare ne fa un materiale bidimensionale assai versatile in quanto esso racchiude in sé la duttilità e la malleabilità di un metallo pur non essendo tale, oltre alla grande resistenza, almeno cento volte più dell’acciaio.

Fino ad ora i due scienziati sono riusciti a produrre fogli di Graphene di 70 centimetri, il cui impiego è ideale per sostituire il rame – le cui riserve stanno scarseggiando sulla Terra – nella conduzione elettrica, mentre in quella termica pare sia insuperabile. Quanto poi alla trasparenza, è quasi totale, mentre la sua densità fa sì che neppure il più leggero gas presente sulla Terra, l’Elio, possa attraversarlo. Tutto ciò ha dato vita a molte ipotesi in merito ad un suo uso industriale, poiché la trasparenza unita alla grande conducibilità elettrica del Graphene potrebbero essere impiegate per produrre pannelli solari o schermi assai sottili mentre, in combinazione con la plastica, potrebbe portare alla costruzione di materiali assai leggeri e resistenti con cui dar vita ad aeroplani, satelliti geostazionari o autoveicoli, contribuendo così, per esempio, a mandare in pensione materiali come la vetroresina, che è pesante, tossica, inquinante e poco versatile.

L’esito di questa incredibile scoperta a quattro mani è dovuta alle «meraviglie della meccanica quantistica» come ha affermato Roberto Petronzio, presidente dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare). Secondo lo scienziato, il premio Nobel 2010 per la fisica «segna un ulteriore trionfo di questa scienza che sempre più entra nella vita di tutti i giorni». La particolarità più straordinaria di questa sostanza, infatti, è che al suo interno gli elettroni hanno un andamento relativistico che obbedisce alle leggi della fisica quantistica.

L’unica questione ancora da risolvere riguarda i proibitivi costi di produzione del Graphene. Una volta abbattuto quest’ultimo ostacolo, quindi, la costruzione su vasta scala di apparecchiature a base di “oro elettronico” sarà un dato di fatto e la nostra vita verrà ancor più semplificata grazie ad una sostanza che – stando ad una parte del testo diffuso dall’Accademia Reale delle scienze di Stoccolma il cinque ottobre 2010 – ci condurrà presto «alle soglie di una nuova miniaturizzazione».

Duplice è quindi il merito della scoperta di Andrej Gejm e Konstantin Novosëlov, l’uno riguarda la scoperta di una sostanza formidabile e l’altro, non meno importante, consiste nell’aver dato un duro colpo a quei gruppi di ricerca sparsi per il mondo che, pur di garantire esiti rapidi e facili ai loro studi, sembrano volersi accontentare di analisi che restano in superficie.

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