Gay o no intanto ti insulto
di Lidia Borghi
A volte capita di leggere delle scritte omofobe sui muri, anche se non è infrequente trovarne sui bus, sulle metropolitane e negli androni dei palazzi.
Sembra che nessuno faccia caso a quelle frasi violente, anzi, molti non le considerano neanche tali, malgrado a volte contengano riferimenti chiari a chi si vuol colpire, uno studente, un compagno di squadra, un collega di lavoro. O un preside.
È quello che è accaduto a Gianluca Dradi, direttore scolastico del liceo scientifico Oriani di Ravenna. Un giorno su uno dei muri dell’istituto è comparsa la scritta “il preside è gay” e quando Dradi è venuto a saperlo in un primo momento non ha dato importanza alla cosa, poi, come ha chiarito sul suo profilo Facebook, ha scelto di lasciarla affinché chi l’ha scritta si renda conto che la sua non è un’offesa. A offendere è semmai il fatto che l’autore la consideri tale. Il preside ha concluso: “A me non importa chi sia stato. Non la farò cancellare, resti lì come una pietra d’inciampo per l’intelligenza umana.”
Come molti professori italiani quello del liceo ravennate sa che il bullismo, anche di tipo omofobico, finisce per colpire gli adolescenti fragili, così la sua scelta è diventata un messaggio educativo.
Al quotidiano Il resto del CarlinoDradi ha aggiunto: “Mi piacerebbe che fra qualche tempo l’autore, ripassando davanti a quel muro, possa ravvedersi e vergognarsi di aver pensato che quell’epiteto fosse un’offesa.”
“Il gesto vale più di una lezione o di una conferenza.” ha dichiarato all’emittente Tele Romagna 24.
Sofia Dradi così si è espressa: “Fiera di essere figlia di quest’uomo.”
Ciro Di Maio, presidente di Arcigay Ravenna, ha detto: “Troviamo la modalità scelta dal preside un eccellente esempio dal punto di vista dell’educazione (…); l’educazione non si può fare solamente sui libri (…), ma anche con il buon esempio e (…) i principi di solidarietà e rispetto.”
La cronaca recente ha evidenziato diversi attacchi omofobi, come nel caso di Roberto Mantovani, il tassista bolognese che su Radio Città del Capoconduce il programma Radiotaxi Stories-Bologna 5 in 3 minuti. Mantovani ha sempre preso una posizione netta contro omofobia e xenofobia, ma il suo senso civico deve aver pestato i calli a qualche teppista, che gli ha fatto trovare la scritta “muori frocio” davanti al portone di casa e altre sorpresine al sapor di fascismo.
Il giornalismo e la politica hanno da tempo legittimato l’omofobia: è della fine di gennaio 2019 il titolo del quotidiano Liberosul Pil che cala e sui gay che aumentano, mentre risale alla metà dello stesso mese l’insulto di un consigliere comunale leghista di Bolzano, tale Kurt Pancheri, che durante una seduta in Comune si è rivolto alle associazioni Lgbt con la frase “quelle dei finocchi”; Pare che si sia scusato. Pare.
A luglio 2018 il quotidiano online Gaypostha pubblicato i numeri dell’emergenza sociale dell’omofobia: dal 2012 a oggi ci sono state 662 vittime dell’odio omotransfobico, tra cui ventuno omicidi e trentaquattro suicidi. A dirlo è l’indagine svolta dall’associazione GeCO, Genitori e figli Contro l’Omotransfobia. “Idati degli ultimi mesi hanno registrato un’impennata omofobica di dimensioni preoccupanti. – ha detto Milena Quercia, presidente dell’associazione – Un raddoppio improvviso dei casi denunciati non può che essere uno dei frutti di un clima di violenza generale (…) che si riversa anche ma non solo sulle persone omosessuali, bisessuali o transessuali.”
Dalle pagine di Tempi di fraternitàho già denunciato la mancanza in Italia di una legge che punisca gli atti omotransfobici, fisici o verbali, poi penso che il DDL Disposizioni in materia di contrasto dell’omofobia e della transfobiaprede polvere in Parlamento da cinque anni e a chi afferma che le persone LGBTQ+ sono già tutelate dalla giurisprudenza, per cui una legge del genere non serve. Le cose cambiano in continuazione, ci vuole solo tanta pazienza. Come disse Eduardo, a da passà ‘a nuttata.