Espressioni ingiuriose
Reverenda madre,
chi l’avrebbe mai detto: un’anticlericale irriducibile come me e una sposa di Cristo che si conoscono e diventano amiche. Le confesso che quando le ho rivelato di essere una bestemmiatrice seriale, temevo le sue reprimende e invece di fronte a me c’era una persona che mi ha ascoltata senza giudicarmi; non può immaginare il mio sollievo e lo stupore, ricordo di aver pensato: “Ecco, vedi? Mica sono tutti uguali questi cattolici!”
Sa, malgrado io non sia cattolica e abbia sempre visto donne e uomini di chiesa come il fumo negli occhi, che abbia protestato per due terzi della mia vita affinché la laicità dello Stato venisse preservata dagli attacchi del Vaticano, ho sempre detestato la bestemmia; sì, ma allora perché sono diventata una bestemmiatrice? Forse Lei, che è donna di mondo, potrà rispondermi.
A proposito, sa che quella alla Madonna non è una bestemmia perché la madre di dio non è una divinità? Sì, vabbè, proprio a Lei lo vado a chiedere. Dicevo che la madre di dio non è una divinità, quindi smadonnare non è reato, solo che, vede Reverenda madre, io non provo sollievo a un attacco di rabbia smadonnando, ma con il metodo come dire, tradizionale, che poi non si tratta proprio di sollievo, è che mi esce e basta e dovrebbe sentire gli urli!
Insomma, Madre misericordiosa, mi sento in colpa, per essere venuta meno al mio odio per la bestemmia, per l’uso che ne faccio e per il sollievo che provo subito dopo averla esclamata. Cosa prevede in casi del genere il vostro Catechismo? La scomunica? Oppure sono sufficienti che ne so, 500 Ave Maria e 1.000 Pater Noster? Non ricordo molto delle lezioni di preparazione alla Comunione, anche perché avevo 7 anni ed ero la capopopolo, io sola femmina, di un gruppetto di amici. Ero in grado di trasformare quelle sessioni ecclesiastiche in veri e propri tumulti, durante i quali il prete mi sbatteva sempre fuori.
A pensarci adesso, che i giochi sono fatti, quello stato di esaltazione, così vicino all’invincibilità, mi provoca ancora piacere, il piacere che sente una persona bipolare quando si trova nello stato maniacale e non ne vuole sapere di mettere fine a ciò che le sta procurando tanto godimento.