Qualche anno fa, negli Stati Uniti d’America, alcune persone addette ai lavori nel campo della psicoterapia condussero uno studio che coinvolse donne ed uomini eterosessuali: a quella compagine umana venne chiesto di comportarsi – per un mese intero – in modo da non nominare mai il/la partner durante i rapporti sociali, facendo attenzione a non usare parole o desinenze che ne potessero rivelare il sesso di appartenenza;
in sostanza venne chiesto loro di comportarsi come i gay e le lesbiche che non hanno il coraggio di dichiararsi in società a causa dello stigma sociale che induce in loro una subdola forma di ansia prolungata e senza soluzione di continuità diversa da tutte le altre che va sotto il nome di Minority Stress (uno dei primi ad introdurre anche nel nostro Paese questo concetto fu lo psichiatra Vittorio Lingiardi, autore di uno dei classici della sociologia applicata al tema dell’omosessualità, Citizen gay. Famiglie, diritti negati e salute mentale, edito nel 2007 da Il Saggiatore che, proprio in questi giorni, ne ha pubblicato l’edizione tascabile aggiornata al tempo presente). Gli esiti di quell’esperimento sono stati terribili: a detta di coloro che avevano accettato di sottoporsi al test, la costrizione ad una vita di facciata è fonte di un’ansia che è in grado di destabilizzare alquanto chi vi si sottopone, al punto da rendere difficili molte delle azioni che tutte e tutti noi consideriamo normali, se minate alla base dall’azione del mentire. In particolare, il fatto di omettere desinenze compromettenti oppure l’identità della persona amata, è stato considerato da quel campione umano una delle esperienze più negative mai vissute, fonte di un disagio sopra le righe.
Il cortometraggio Different (USA, 2004, 10′) ha analizzato il Minority Stress da un punto di vista inusuale che ha alcune analogie con quell’esperimento; il video si apre con un’omelia alquanto strana, se osservata con gli occhi di una lesbica o di un gay: il pastore, dall’alto del pulpito, diffonde parole d’odio nei confronti di coloro che indulgono ai rapporti sessuali fra persone del sesso opposto, mentre in chiesa siede un giovane dall’aria alquanto smarrita che, di tanto in tanto, getta occhiate di interesse in direzione di una ragazza che si trova qualche panca più in là. La studente ricambia lo sguardo, al che il tipo si ricompone, per non dare ai famigliari che gli siedono accanto la possibilità di scoprire la sua predisposizione naturale ad innamorarsi di persone del sesso opposto al suo.
Davvero terribile la figura di quel ministro di culto il quale, così come fa la maggior parte dei sacerdoti anche nel nostro Paese, ma al contrario – salvo rarissimi casi – prende a citare la Parola di Gesù per bollare i rapporti fra persone del sesso opposto come contro natura; a riprova di ciò, il pastore cita alcuni tra i più famosi racconti della Bibbia che parlano di unioni, definite immorali, fra persone eterosessuali (Adamo ed Eva, David e Betsabea, Sansone e Dalila) che hanno costretto i loro protagonisti a macchiarsi di un grave peccato fonte di dolore, sofferenza ed infine morte.
Il corto continua testimoniando la difficile vita che il nostro giovane e tormentato protagonista è costretto a condurre anche a scuola, nel tentativo di dissimulare la sua vera natura a contatto con colleghe e colleghi che non perdono occasione per additarlo, poiché sospettato di essere etero in quanto non si comporta come gli altri. Il messaggio del video è chiaro: le femmine ed i maschi non sono fatti per avere rapporti sessuali, men che meno affettivi.
E così, in una sorta di universo parallelo nel quale ad essere diverse e diversi sono – una volta tanto – le persone eterosessuali, lo studente protagonista del video si ritrova a dover fare i conti con la finzione: sguardi appena accennati in direzione della bionda compagna di classe devono essere fugaci, altrimenti colleghe e colleghi potrebbero scoprire il segreto di quel giovane così diverso; fino al giorno in cui il protagonista non viene scoperto dalla docente di Scienze naturali mentre litiga con un ragazzo della squadra di Football che a tutti i costi lo vuole accompagnare al ballo della scuola. Il breve dialogo fra insegnante e discente è emblematico:
“– Non ti preoccupare, so come ti senti. (…) Nonostante i 30 anni che ci separano, siamo molto più simili di quel che pensi…
– Quindi perché non è andata con chi le piaceva andare?
– È una cosa così semplice?”
(Davvero particolare la scena in cui, poco prima, la professora descrive l’atto sessuale fra le rane, con una dovizia di particolari che ne tradisce l’orientamento affettivo e sessuale.)
Chissà se quel ragazzo e quella ragazza potranno mai vivere il loro amore alla luce del sole oppure si costringeranno ad una vita di bugie? Chissà se quell’”etero di merda” riuscirà a lottare per il suo profondo sentimento, a viverlo da persona autentica? Per scoprirlo occorre vedere fino all’ultimo fotogramma questo cortometraggio davvero inusuale, che ci offre un esempio di quanto poco basti per creare dal nulla la diversità in una sorta di universo parallelo nel quale ad essere additat* come stran* ed asociali sono gli etero e non gli omosessuali. Confesso che la visione di questo corto mi ha fatto soffrire due volte e per la discriminazione in sé e per il fatto che qualsiasi persona con orientamento affettivo e sessuale altrorispetto alla presunta norma eterosessuale si è rispecchiata in pieno in quelle scene che hanno come protagonista uno studente perseguitato per la sua presunta deviazione da quell’assurda norma non scritta, che nel video è capovolta.
Differentè stato interpretato da un gruppo di giovani attrici ed attori davvero talentuosi; fra costoro spiccano Emily Stiles (Joanne) e Ben Hogestyn, quest’ultimo nei panni del tormentato giovane etero che deve fingere di farsi piacere i maschi come lui. Diretto dall’ottima Tyrrell Shaffner, specializzata in video di genere al femminile oltre che animatrice e grafica, scritto da Zach De Gregorio e prodotto da Matt Wyatt e Geoff Pattison, Differentè stato girato nei locali della Pasadena High School ed in quelli della McKinley School di Pasadena (California).
Vincitore del gran premio della giuria riservato ai film scolastici al Rhode Island International Film Festival del 2004, questo cortometraggio dovrebbe essere visto fino alla fine da tutte quelle persone etero che si sentono padrone incontrastate di una società che neppure prende in considerazione l’altra parte – quella altra– dell’umanità, intente come sono a considerare chiunque si pari loro davanti come l’ennesimo individuo etero; sono quelle stesse che, una volta scoperto l’ignobile segreto di tante donne e di tanti uomini che frequentano da sempre, si limitano a commentare: “Davvero?! Non si direbbe…” Come se le persone lesbiche e gay dovessero avere una sorta di marchio di fabbrica da mostrare ad ogni uscita in società, per rassicurare il mondo etero che sì, l’omosessualità esiste, ma è meglio che si veda, in modo che la si possa controllare a livello sociale. Altrimenti diventa pericolosa.
Lidia Borghi