Due. L’amore segreto fra Nina e Mado
Nina e Mado sono due donne anziane che si amano ormai da tanti anni. Vivono insieme, ma hanno affittato due appartamenti sullo stesso pianerottolo all’ultimo piano di un palazzo, poiché Mado non ha mai rivelato la sua vera natura alla figlia e al figlio e non riesce a fare coming out, neppure quando deve dir loro che venderà la casa per trasferirsi a vivere a Roma con la donna che ama. Roma, lì era iniziato tutto, molti anni prima: Nina era una guida turistica, Mado una viaggiatrice a cui, di lì a poco, sarebbe toccato il ruolo della lesbica velata.
Barbara Sukowa e Martine Chevallier hanno interpretato le due amanti in modo straordinario nel film “Due”, del regista Filippo Meneghetti. Il titolo non solo è riferito a loro, alla doppia vita di una delle due e ai due appartamenti, ma simboleggia anche i rapporti interpersonali, le relazioni di coppia, la premura, il sostegno reciproco, l’intimità. I Pitagorici consideravano il 2 un numero femminile, così come tutti quelli pari.
In una breve scena in penombra Nina e Mado si abbracciano, si baciano con voluttà, si accarezzano, fanno l’amore, a dimostrazione che le persone anziane fanno sesso come tutte le altre, malgrado il pregiudizio le mostri come esseri asessuali.
Una sera Mado si sente male, va in coma, viene ricoverata in rianimazione. Nina passa ore in sala d’aspetto e non può far altro che confidare nel buon cuore di qualche infermiera per avere notizie: non è una parente, non è la moglie, il loro è un amore segreto, per i congiunti lei è solo la dirimpettaia.
Nina vive quelle ore di logorante attesa con disperazione mista a rabbia e, quando Mado viene riportata a casa in carrozzina con una parte del corpo paralizzata, fa di tutto pur di rivederla e starle accanto con una tenacia tale, che solo il suo amore per lei può scatenare.
A tratti, durante il film, il pianerottolo con l’interruttore della luce temporizzato diventa il protagonista della storia, poiché ricopre il ruolo di tramite non solo fra i due appartamenti, ma soprattutto fra le due donne; decine di volte Nina lo percorre avanti e indietro: quello è l’unico modo che ha per azzerare le distanze fra sé e la sua compagna, vederla, accarezzarla, accudirla; tuttavia Mado non riconosce nessuno, non parla, non mangia. È probabile che le ci vorranno mesi perché si riprenda e torni a fare la sua vita abituale.
Sarà l’amore tenace di Nina a scuotere Mado dal torpore della malattia e a fare in modo che la riconosca, complice la colonna sonora del loro innamoramento, una canzoncina italiana dei bei tempi andati in cui fortuna fa rima con luna. La reazione di Mado è sorprendente e, da quel giorno in poi, la sua guarigione sarà veloce e tutta in discesa.
Meneghetti ha fatto tanti primi piani su Barbara Sukova e Martine Chevallier per far risaltare ancor di più, attraverso le rughe, la loro età reale e il dramma che stanno vivendo, un dramma nel dramma, in realtà, con la malattia che si mescola alla menzogna, ma c’è anche il rischio che Nina e Mado perdano in pochi giorni quel che hanno costruito insieme in tanti anni di convivenza, d’amore, di cura, di sguardi complici, di rituali e di impegni quotidiani.
La vicenda di Nina e Mado sorprende per il modo in cui il regista è riuscito a descrivere l’universalità dei sentimenti, qualsiasi sia l’orientamento sessuale delle persone: i ruoli sociali hanno una forza tale da ostacolare, spesso, la crescita del proprio vero sé, ma è appunto a questa crescita che si tende e a una vita autentica, senza finzioni, senza maschere.
È la figlia di Mado a scoprire la relazione fra la madre e la vicina e la sua reazione è quella che ci si aspetta da qualsiasi persona omofoba, anche se a un certo punto della pellicola avrà modo di rivedere il suo atteggiamento.
In Francia le donne lesbiche vengono chiamate, in senso dispregiativo, gouine o gougnotte; tali sono le due protagoniste nell’immaginario collettivo e tale si considera Mado nella sua lotta quotidiana per tenere nascosto il suo amore per Nina.