Dieci corti d’autore. La stazione di Valerio Zurlini
Valerio Zurlini era bolognese. Nato nel 1926, si trasferì ben presto a Roma con i famigliari, anche se le sue prime esperienze artistiche avvennero presso il Piccolo Teatro di Milano, per il quale fece l’aiuto regista per un anno e mezzo. Il grande Pietro Germi lo notò e ne segnalò la bravura ad un funzionario della Lux Film.
Il periodo dal ’49 al ’52 lo vide realizzare diversi cortometraggi, fra cui La stazione(Italia, 1952, 10′,47”), che documenta la vita frenetica della stazione Termini di Roma, un monumento all’operosità che ha visto passare per i suoi marciapiedi milioni di persone di tutti i tipi, dai pendolari ai contadini, dalle persone senza fissa dimora a donne ed uomini di belle speranze che nella Capitale tentavano di sfondare nel modo dello spettacolo. E poi ci sono i treni, le locomotive, i fili elettrici, gli scambi e le rotaie, simboli del novo che avanza e di una tecnologia che, all’epoca, era appena accennata e che oggi diamo per scontata.
Una via Marsala deserta, all’alba, viene percorsa da un’auto con i fari accesi. Panoramica su piazze Dei Cinquecento, anch’essa deserta. Sullo sfondo la tettoia dal profilo ondulato, nota in tutto il mondo con il nome di dinosauro. Altra panoramica, questa volta sui mille binari che confluiscono nella stazione di testa. Inizia il commento vocale del mitico Emilio Cigoli, noto doppiatore di eroi di celluloide come Gary Cooper o John Waine. In una delle sale d’attesa diverse persone schiacciano un pisolino sulle panche di legno. L’acuto fischio delle locomotive non sembra disturbarne il sonno. Varia umanità proveniente da ogni parte dello Stivale attende. Una voce maschile annuncia l’arrivo di un treno. A gruppi, diverse persone fanno uno spuntino. Mamme, nonne, nonni, padri, figli e figlie animano i marciapiedi in attesa dei convogli. Altri militari in giro. E suore. L’ennesima panoramica su binari e fili dell’alta tensione. Alcuni operai lavorano a ridosso delle rotaie. Scambi dappertutto. I pilastri che reggono le pensiline sono pieni di cartelloni pubblicitari. Un treno giunge in stazione. Gente che affolla il marciapiedi. Un capotreno controlla i biglietti. Il grande atrio rettangolare ripreso dall’altro è ora semi vuoto. Gente che va, gente che viene. In fondo la stazione Termini non è cambiata più di tanto.
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Lidia Borghi