Dalle nanomedicine presto nuovi farmaci mirati grazie alla tecnologia del fotovoltaico
Se non fosse che la miniaturizzazione o, per meglio dire, la micronizzazione ha fatto passi da gigante, negli ultimi decenni, ci sarebbe da non credere alla notizia che è stata divulgata all’inizio di novembre 2010 dai principali organi scientifici di informazione. Un gruppo di studiose e di studiosi dell’università statunitense di El Paso (Texas) potrà, infatti, dare nuova speranza alle persone ammalate di cancro che devono sottoporsi a devastanti sedute di chemioterapia, la cui tossicità nei confronti delle cellule sane dell’organismo rappresenta una questione alquanto seria.
Secondo le conclusioni cui è giunta la ricerca (presentata all’”Avs 57th International Symposium & Exhibition” di Albuquerque, in New Mexico), grazie ad una serie di micro-celle fotovoltaiche, sarebbe possibile far confluire il farmaco solo sulla parte dei tessuti danneggiata dalle cellule cancerose, impedendo così che il resto del corpo abbia a patire i pesanti effetti collaterali di una terapia che, allo stato attuale della ricerca medica, è l’unica in grado di curare i tumori.
Il coordinatore dei lavori, il medico Xu Tao, ha spiegato che, a differenza del metodo tradizionale di cura, che prevede l’iniezione del principio attivo per via ematica (motivo per cui il farmaco è in grado di rilasciare i suoi effetti tossici su molti organi sani) mediante le nano-celle sarà possibile sviluppare terapie mirate, grazie ad un dispositivo che deve convertire un fascio di luce in energia elettrica.
Pertanto, è stato effettuato un esperimento in vitro che ha consistito nel caricare di piccolissime quantità di principio attivo chemioterapico alcune celle fotovoltaiche grandi non più di 300/500 micrometri. Queste erano state, poco prima, immerse in un brodo di coltura cellulare e, per far sì che il farmaco aderisse ad entrambe le facce di ogni singola nano-cella, esso era stato sottoposto ad una carica elettrica positiva e ad una negativa a seconda del lato della cella. Il passo successivo è stato quello di utilizzare un fascio di luce infrarossa o laser – che è in grado di penetrare il tessuto cutaneo fino a dieci centimetri – per caricare in modo positivo una faccia ed in modo negativo l’altra. Così facendo, un lato della cella ha respinto il farmaco con segno +, mentre l’altro ha respinto quello con segno -.
L’ultima fase del progetto consisterà nel far agire le celle fotovoltaiche micronizzate, caricate di farmaco, solo nella zona interessata dal cancro e di effettuare un dosaggio mirato del principio attivo, il che sarà possibile modificando l’intensità del raggio luminoso.
In un precedente articolo mi sono occupata delle proprietà antitumorali di una pianta tropicale che va sotto il nome di gravìola, la quale contiene un principio curativo, le “acetogenine annonarie” che fa di questo arbusto un potente chemioterapico naturale e che, a differenza delle tradizionali terapie anti cancro, non attacca le cellule sane del corpo umano. Da decenni, ormai, molti gruppi di ricerca di diverse parti del mondo stanno provando a sintetizzare le acetogenine per dar vita a farmaci del tutto naturali. Fino ad ora sono circa trecento le sostanze curative di questo tipo isolate e, in attesa che un rimedio efficace venga immesso sul mercato per aumentare la speranza di vita di milioni di persone ammalate di cancro in tutto il mondo, ben venga la tecnologia delle nanomedicine, grazie alle quali molti centri di ricerca stanno lavorando per contribuire a migliorare sempre di più la nostra vita. Il tutto grazie all’innovativa tecnologia “verde” del fotovoltaico, quella stessa che sta prendendo piede in tutta Italia e che ci permetterà di investire sempre più nelle cosiddette energie alternative. Sempre che, in nome di non si sa bene quale interesse economico, non si ricominci ad investire nell’energia nucleare.