Dal CERN di Ginevra importanti novità sull’antimateria
A quanto pare uno dei più grandi misteri della scienza contemporanea, quello riguardante l’antimateria, potrebbe essere presto svelato.
Il 18 novembre 2010 la rivista Nature ha infatti pubblicato l’esito di un esperimento effettuato nei laboratori del CERN (Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire) di Ginevra, quello stesso in cui operò, dall’inizio degli anni ’60 del Novecento, uno fra i più importanti scienziati italiani contemporanei, Nicola Cabibbo.
L’antimateria altro non è che un insieme di particelle aventi stessa massa, ma carica opposta, rispetto a quelle che tengono insieme la materia così come la si conosce. Per fare un esempio concreto, un atomo di anti-idrogeno è formato da un anti-protone (con carica negativa) attorno al quale ruota un positrone ovvero un elettrone con carica positiva o anti-elettrone. Ogni qualvolta particelle ed anti-particelle vengono a contatto le une con le altre, si annullano a vicenda ed emettono una radiazione elettromagnetica. Siamo di fronte ad una specie di “realtà – specchio” che, essendo assai rara, è difficile da analizzare (l’attuale impiego tecnologico dell’antimateria permette il funzionamento della PET o Tomografia ad emissione di positroni, un prezioso alleato delle diagnostica per immagini che consente di analizzare il metabolismo degli organi interni per scovare alcuni tipi di tumori).
Fino a poco tempo fa era così ma, da oggi in poi, grazie all’esperimento Alpha (Antihydrogen Laser PHysics Apparatus) portato a termine, dopo ben cinque anni, dal gruppo di lavoro del CERN guidato dal professor Jeffrey Hangst, docente dell’università danese di Aarhus, sarà possibile studiare in modo più completo le anti-particelle isolate nei laboratori di Ginevra. Vediamo come.
Ben trentotto atomi di anti-idrogeno sono stati bloccati per 1,7 decimi di secondo, grazie ad un trattamento che ha congelato diverse particelle a -272° centigradi, dopo di che è stato utilizzato un forte campo magnetico che ha mantenuto al centro dell’enorme contenitore a gravità zero le sostanze di antimateria, al fine di non farle infrangere contro le pareti (una tale evenienza ne avrebbe causato la dispersione in una nuvola di energia). Di esse, solo trentotto sono sopravvissute per un tempo adeguato a far sì che il gruppo di analisi potesse studiarle.
A quanto pare l’antimateria è assai rara nell’universo e a ciò nessuna ricerca scientifica è fino ad ora riuscita a dare una spiegazione valida. Sta di fatto che, d’ora in poi, le scienziate e gli scienziati di tutto il mondo potranno confrontare materia ed antimateria per dare nuove risposte a questo mistero e per rispondere, infine, alla domanda sul perché la seconda, al momento del Big Bang, sia quasi scomparsa dall’universo. Come? Mettendo a confronto le due strutture – mediante esperimenti che utilizzano dei modelli matematici – per indagarne le proprietà, così come è stato fatto, proprio al CERN di Ginevra, analizzando un atomo di idrogeno ed uno di anti-idrogeno (l’istituto elvetico è l’unico al mondo a possedere un apparecchio che sia in grado di produrre anti-protoni a bassa energia, al fine di effettuare esperimenti del genere, il primo dei quali venne portato a termine alla fine del Novecento; ad esso seguirono gli esperimenti Athena ed ATRAP, del 2002, con la più grande produzione di anti-idrogeno fino ad allora ottenuta).
«Per motivi che nessuno comprende ancora, la natura ha escluso l’esistenza dell’antimateria. È quindi molto gratificante (…) guardare il dispositivo ALPHA e sapere che esso contiene atomi stabili di antimateria – sono parole di Jeffrey Hangst –. Questo ci spinge a lavorare ancora più duro, per vedere se l’antimateria detiene un qualche segreto».
Di recente, sempre al CERN, è stato avviato un nuovo progetto, denominato ASACUSA, che dà la possibilità di produrre atomi di anti-idrogeno, grazie ad una trappola magnetica denominata cuspide. Ciò permetterà di mantenere in vita ancora più a lungo queste particelle di antimateria, al fine di rendere sempre più accurati ed approfonditi gli studi di questo tipo. Con questo duplice vantaggio – nuovi metodi di cattura e nuovi esperimenti – fra non molto l’antimateria svelerà alla scienza i suoi segreti.
Lungi dal raggiungere lo scopo di produrre meccanismi di offesa come quelli descritti in molti romanzi di bassa lega, l’impiego dell’antimateria potrebbe aprire scenari sempre più vicini alla moderna fantascienza, quelli, per intenderci, che hanno a che fare con la produzione di propellenti adatti a mandare nello spazio navicelle di dimensioni elevate, le quali possano effettuare il viaggio di ritorno senza temere di restare senza carburante, anche se questa è un’altra storia.