Dai denti del giudizio una speranza in più per la medicina rigenerativa
Alzi la mano chi non ha provato dolore al solo ricordo dei guai provocati dai denti del giudizio che, in molti soggetti, crescono occlusi (la cosiddetta disodontiasi) motivo per cui vengono da più parti considerati inutili. Ebbene, da oggi non è più così, infatti, i famigerati terzi molari potranno essere impiegati, una volta estratti, per la produzione di cellule staminali.
Risale a metà settembre 2010 la notizia, pubblicata dal Journal of Biological Chemistry, secondo cui i ricercatori del National Institute of Advanced Industrial Science and Technology sono riusciti ad isolare ed estrarre dalla polpa e dal tessuto connettivo dei denti del giudizio una certa quantità di cellule staminali auto – prodotte da soggetti adulti (nulla a che vedere, quindi, con quelle embrionali, che spesso sollevano questioni etiche in ambienti cattolici).
Il gruppo giapponese di ricerca, sotto la guida di Hajime Ohgushi, ha analizzato un particolare tipo di cellule, denominate mesenchimali stomali – del tutto simili a quelle che si trovano nel midollo osseo ma molto più accessibili – ed è riuscito a trasformarle in staminali indotte, grazie all’attivazione di quattro geni che hanno la capacità di riportare quelle cellule allo stato di staminali embrionali, dotate quindi di una capacità di trasformazione assai elevata, in quanto indifferenziate. Una volta coltivate in vitro, esse si sono rivelate assai utili per la produzione di cellule adatte alla rigenerazione di diversi tipi di tessuti, fra cui quelli del cuore.
Da tempo la scienza della medicina rigenerativa ha scoperto e sottolineato la malleabilità delle IPS (Induced Pluripotent Stem cells) o staminali pluripotenti indotte e, per comprendere ciò, occorre immaginare queste cellule come tanti piccoli mattoni che, una volta differenziatisi, possono, all’occorrenza, generare cellule nuove che hanno o meno le stesse caratteristiche tissutali. Questi mattoncini rappresentano quindi un piccolo tesoro biotecnologico di inestimabile valore scientifico che comprende alcune branche della scienza medica, fra cui le terapie rigenerative, il trattamento diretto di alcune patologie e la prevenzione.
Le preziose fonti cui attingere le staminali super specializzate sono, oltre alla polpa dentale (che fornisce le Dental Pulp Stem Cells o DPSC), il follicolo (fonte delle Dental Follicle Stem Cells o DFSC) e il periodonto ovvero il tessuto connettivo che sta fra la radice e l’alveolo dei denti (da cui si possono estrarre le Periodontal Ligament Stem Cells o PDLSC). Subito dopo l’estrazione dei denti del giudizio, viene effettuato il prelievo del materiale biologico, il quale viene isolato e trasferito in siti specializzati chiamati Banche biologiche (in inglese Bio Bank) il cui compito è quello di conservare le staminali con il metodo dello stoccaggio criogenico in azoto liquido a meno 196 gradi centigradi, che garantisce una conservazione di vent’anni in ambienti sterili denominati “camere bianche”. All’interno di esse la temperatura di conservazione viene fatta diminuire in modo graduale al fine di evitare l’urto termico che danneggerebbe le cellule, che devono essere archiviate con tutti i dati necessari a risalire alla persona auto – donatrice. Questo procedimento consente, già oggi, di fare a meno, in molti casi, delle cellule estratte dal midollo osseo, il cui prelievo è tuttora complicato da tutta una serie di fattori, che costringono chi dona a sottoporsi ad un trattamento di day – hospital.
Il gruppo di studio del dottor Hajime Ohgushi ha potuto così appurare il grande potere di proliferazione e l’alta capacità di differenziamento delle IPS, in quanto ha analizzato lo strettissimo rapporto esistente fra staminali e massa tissutale, il che fa ben sperare la comunità scientifica, dal momento che ciascuno di noi ha, all’interno della bocca, un grande patrimonio di trentadue fonti – tanti sono i nostri denti – di staminali super specializzate e pronte, in poco tempo, a riparare, guarire o aggiustare parti danneggiate del nostro organismo.
«Ogni dente fornisce fino a 50 Cellule Staminali. Conservare tutti e quattro i denti del giudizio (…) ovvero alcuni denti da latte (…) produce un ammontare di Cellule Staminali più che soddisfacente, anche in virtù degli odierni progetti mirati ad una loro “riproduzione numerica in vitro” (…)», queste le parole che l’odontoiatra Sergio Audino ha dedicato al tema in oggetto (per il testo integrale: http://www.dentisti-italia.it/dentista/odontoiatria/335_cellule-staminali-originate-dalla-polpa-dentale-e-.html).
Duplice è, quindi, il merito degli scienziati giapponesi che hanno donato al mondo la loro recentissima scoperta. Il primo è di aver aggirato l’ostacolo della forte opposizione etica proveniente da molti ambienti religiosi ortodossi che si oppongono all’uso delle staminali embrionali, il secondo è quello di aver indicato a medici e ricercatori una nuova via all’auto – cura nell’ambito della medicina preventiva e rigenerativa.