Un deserto con alte rocce in lontananza e, come da una dissolvenza di sogno, nell’aria ecco materializzarsi un corpo femmineo; sinuoso si muove verso qualcosa. In soggettiva l’occhio della donna vede dinanzi a sé una costruzione piramidale alquanto allungata, con un altorilievo sulla facciata che ha di fronte.
E così, attraverso gli occhi attoniti della fanciulla dalla chioma fluente, alla vista di uno spettacolo tanto particolare, veniamo catapultate/i in suggestive immagini di sogno, complice una dolce musica in sottofondo; l’accompagnamento ideale per parlare dell’amore romantico fra un uomo ed una donna. Dopo aver chiuso gli occhi, la protagonista si ritrova in un ambiente diverso, in cui ha il primo contatto con l’altro da sé che ne rapirà il cuore, quindi accenna qualche passo di danza, mentre le immagini ce la mostrano ascendere un’enorme scultura tondeggiante. Questo è solo l’inizio di un cortometraggio davvero spettacolare, intitolato Destino(USA, 1945/2003, 6′, 46”), su un soggetto scritto a quattro mani, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, dal pittore Salvador Dalíe dall’animatore John Hench che, all’epoca, lavorava per la Walt Disney.
La storia di questo mirabile corto è particolare come le immagini che, quasi tratte da un sogno, lente si dipanano sullo schermo: Hench e Dalí avevano cominciato a collaborare, per dar vita ad una storia animata che narrasse in pochi minuti le vicende di una giovane donna, alla ricerca del bene amato; i disegni di Dalí vennero trasformati in altrettanti bozzetti, che occuparono il grande artista spagnolo per poco meno di un anno.
Pur se meritevole di andare avanti, il progetto venne però accantonato, si dice a causa di una grave crisi economica che avrebbe colpito la Disney proprio durante il secondo conflitto mondiale.
Dobbiamo al nipote di Walt Disney, Roy Edward se, oggi, possiamo godere di un’opera davvero particolare, in cui tornano protagonisti alcuni dei più famosi simboli dell’arte visiva di Dalí: l’orologio, che scandisce l’inesorabile passare del tempo, le figure miste, come le cornette telefoniche con le zampe, le scacchiere, le immagini deformate – che richiamano alla memoria l’incubo che perseguiterà per anni il protagonista di Io ti salverò, uno dei capolavori di Alfred Hitchcock (lì gli orologi erano alquanto inquietanti, con le loro alterazioni liquefatte) – luci ed ombre sotto il sole, a stagliarsi sulla sabbia del deserto, le particolarissime sculture dalle sembianze umane, gli occhi dalle cui pupille spuntano arti umani e, sopra a tutto il resto, quella voglia di trasformare il contingente in qualcosa d’altro, di sovvertire le rigide leggi del destino, di cui il tempo è fido alleato, pur di far sì che la fanciulla danzante possa infine incontrare l’oggetto maschile dei suoi desideri.
La protagonista continua la sua dolce danza, sinuosa e sensuale, nel suo abito di velo bianco, i lunghi capelli mossi dalle movenze aggraziate, mentre la colonna sonora l’accompagna, sottolineando il romanticismo del momento. Ed è allora che la figura maschile, fino a quel momento rimasta alquanto in ombra, come una grigia statua di pietra lavica, pur se animata, si trasforma in un lanciatore, che scaglia la sua palla da Baseball verso l’orizzonte.
Riuscirà la dolce danzatrice dai tratti latini ad abbracciare l’uomo dei suoi sogni? Per saperlo, occorre vedere il corto fino ai titoli di coda.
Grazie quindi a Roy Edward Disney per aver tirato fuori dai polverosi archivi dell’industria di famiglia i bozzetti di Destino, quasi dodici anni fa, pur di donarci un’opera davvero particolare, alla cui realizzazione lavorarono alcune persone della sede parigina della Disney, fra cui l’animatore Dominique Monfrey, che ne curò pure la regìa e che mise insieme un nutrito gruppo di artisti, cui spettò l’arduo compito di tradurre in immagini animate i bozzetti di Dalí e Hench. Il risultato finale è l’unione dell’animazione di base con la computer grafica aggiornata all’inizio degli anni 2000.
Avete mai visto qualcosa di più particolare? A me quest’opera d’arte animata ha colpito molto, vuoi per la particolarità dei disegni fuoriusciti dal genio di Dalí, vuoi per la storia, vuoi per la dolce musica di Armando Dominguez che accompagna le immagini per tutta la durata del video; un concentrato di grazia prorompente, romanticismo ed impeto delicato, per donarci qualcosa di unico ed irripetibile.
Lidia Borghi