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Corti d’autore. Victoria para Chino di Cary Fukunaga

Alla fine di agosto 2015 i corpi privi di vita di oltre settanta persone sono stati rinvenuti all’interno del contenitore di un tir che ha fatto perdere le sue tracce; la tragedia è avvenuta sull’autostrada austriaca A4, in corsia d’emergenza, 50 km a sud di Vienna. Le vittime, come si accerterà in seguito, morte soffocate, erano migranti.

Che c’entra questa drammatica notizia di cronaca nera con l’argomento di questo post? C’entra eccòme, in quanto l’autore di Victoria para Chino (USA, 2004, 12′,41”) il regista californiano Cary Joji Fukunaga, ha trascorso l’infanzia tra la California ed il Messico ed è venuto a contatto molto presto con la realtà della migrazione; intervistato da Enrica Brocardo per il primo numero di novembre di Vanity Fair, Fukunaga ha affermato: «Mi ha colpito molto la vicenda di quelle persone trovate morte in un camion lungo l’autostrada in Austria. Esattamente la stessa cosa che era successa in Messico nel 2003 e che ho raccontato nel mio cortometraggio.»

Victoria para Chinoè girato in lingua spagnola, quella parlata dalle persone migranti che, lungo i binari della ferrovia al confine messicano con gli Stati Uniti d’America, stanno attendendo accucciati l’arrivo del contatto che le metterà nelle mani del conducente di un tir diretto ad Huston, Texas; è l’alba e due fratelli stanno parlando del futuro: il più grande, asmatico, è entusiasta, il minore è pieno di dubbi. Fra la gente alcune donne ed un bimbo di pochi anni.

Non è mia intenzione, qui, fare la narrazione per immagini del corto, non tanto per il finale già noto, ma perché è necessario vedere la tortura alla quale quel gruppo di migranti viene sottoposto – la stessa che ha visto perire quelle settanta persone in Austria – per far sì che le nostre coscienze non finiscano per addormentarsi, cullate dall’illusione che il fenomeno della migrazione non sia cosa nostra, perché così non è; per dirla con Fukunaga: «Ci sono più rifugiati al mondo d’oggi di quanto(sic) ce ne siano mai stati nella storia dell’umanità. E ciò che stiamo vivendo è solo l’inizio. (…) Vedere che in Europa succedeva di nuovo mi ha fatto infuriare. Sembra quasi che stiate imitando gli Stati Uniti. Penso alla costruzione di un muro per fermare gli immigrati. Non servirà a niente.»

Le scene di Victoria para Chinosono crude. La fotografia rende il tutto ancor più efficace. Il suono in presa diretta fa la differenza: tutto concorre a fare di questo corto d’autore un’opera davvero profonda, capace di documentare il dolore senza che sia necessario servirsi dei dialoghi; è sufficiente lasciar parlare la tragedia. Ciò fa sì che tra finzione e realtà non vi sia filtro alcuno se si pensa, oltretutto, che Fukunaga ha girato la sua storia basandosi su una vicenda accaduta un anno prima. E la colonna sonora? È il rumore assordante del lungo camion pieno di persone, intente ad ascoltare dall’interno l’arrivo della morte.


«A maggio del 2003 un tir che trasportava 90 migranti illegali dal Messico, dal Centro e Sud America, partì dal Texas del sud in direzione di Huston. Il tir non giunse mai a destinazione. Quando la polizia stradale scoprì il contenitore abbandonato a Victoria, Texas, trovò 19 persone morte. Fra loro, un bambino di cinque anni e suo padre.» (titoli di coda)



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Lidia Borghi

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