Un giorno insieme a te (I, 2012, 15′, 05”) è il cortometraggio con cui il giovane e talentuoso filmaker afragolese Raffaele Tamarindo ha esordito tre anni fa dietro la macchina da presa. Fin dalle prime scene si percepisce una maestria non da poco oltre ad un uso efficace del montaggio, il tutto per rendere al meglio il lato tragicomico della vicenda.
Esterno giorno. Carrellata in sfocatura. In primo piano stretto la nuca del protagonista, Raf, entra in camera. Comincia il tema musicale, di Federico Riccardo Rossi, mentre il giovane si volta pensieroso. Bolle di sapone volteggiano nell’aria del mattino, riprese ad una ad una poi in gruppo, a simboleggiare la caducità della vita. Primissimo piano su parte del volto di Raf. Folate di respiro sul sapone. Occhi malinconici, di un color nocciola dolcissimo, illuminato dai raggi del sole. In sottofondo le dita del musicista dipingono sui tasti del pianoforte una melodia ricorrente. Raf smette di soffiar via labili sfere mentre la macchina riprende le dita del protagonista che reggono la foto di una giovane sorridente. Qualche secondo, poi l’istantanea viene ripiegata. Ancora tristezza struggente sul viso di Raf. Cambio di scena. Esterno giorno. Luigi, il migliore amico del ragazzo, usa parole forti per aiutarlo a scuotersi di dosso il dolore: “Devi riprenderti – gli dice – provaci; hai bisogno di rilassarti. Una cosa è certa, non hai mai smesso di raccontarti balle…” Dal dialogo tra i due veniamo a sapere che la ragazza ritratta nella foto è la sorella sedicenne del protagonista, morta poco tempo prima a causa di un tumore, di cui ancora non riesce a farsi una ragione. Cambio di scena annunciato dall’incessante squillo di una sveglia. E tutto cambia. Raf è appena stato riportato alla realtà. Ancora coricato, la testa adagiata sul guanciale, apre gli occhi e, davanti a sé, rivede la sorella, il cui viso gli sorride. Illusione pura. Delusione immensa. Il ragazzo di alza a sedere sul letto e, di fronte, con tanto di falce in mano, ecco la Morte… in persona; credendo si tratti di un’altra illusione, Raf si corica di nuovo ma, come ridestatosi da un brutto sogno, gli occhi sbarrati, si ritrova davanti l’ineluttabile presenza che lo saluta. Un cenno della mano ed ecco apparire, da una piega della nera veste, una busta bianca, che l’oscura fata lancia al protagonista. Una volta aperto il sottile plico ecco apparire la carta intestata dell’Ufficio di Dio; sul foglio le seguenti parole vergate a mano: “Ciao Raf, so che è da un bel po’ che sei turbato per la storia di tua sorella. Pensi continuamente alla morte. Così ho deciso di farti trascorrere un’intera giornata in sua compagnia, per conoscervi meglio. Ciao. ♥♥♥”
Il resto della vicenda narrata per immagini nel corto è godibile e piena d’ironia, a cominciare dalla domanda con cui il regista/protagonista fa conoscenza con la nera signora: “Che vuoi per colazione?” e vede l’uno far conoscere all’altra le sue abitudini, videogiochi compresi, il tutto accompagnato da un’allegra musica di sottofondo. In un susseguirsi di scene di vita quotidiana che ci mostrano Sora morte corporale cimentarsi persino con il ballo e la cucina, in un intenso scambio di informazioni a gesti, ci viene offerta l’immagine di una protagonista assai allegra ed ottimista, con una citazione dotta da una delle pellicole più note di Ingmar Bergman (Il settimo sigillo, Svezia, 1957). Il dialogo muto si concluderà solo in esterno quando, accompagnata la Morte sulla tomba della sorella, Raf si lascerà andare ad un accorato sfogo. “Sedici anni non sono pochi per portare via la vita ad una persona? – si domanda il giovane – Non è giusto!”
Il finale di questa bellissima storia merita di esser visto in silenzio, senza commento alcuno e senza sinossi, poiché contiene tutta la profonda poetica di un artista del video che, fin da questo suo fortunato esordio, è stato capace di toccare il cuore delle persone e di trasmettermi la profondità dei sentimenti che albergano nel suo cuore.
Per dare un senso alla propria esistenza occorre far pace con il passato ovvero darsi pace per chi – vivo o morto – non c’è più. Ciò comporta anche il fatto di accettare l’ineluttabilità della morte, per quanto male possa fare. Questo è – mi permetto di dirlo senza timore d’esser smentita dall’autore – il solo modo per poter ricominciare ad andare avanti. Ogni persona ha un lato oscuro che le fa battere in testa il cuore, come il motore di un’auto: paura, rabbia, ostilità, odio, terrore cieco; tutto ciò è in grado di paralizzarci; Un giorno insieme a te ci offre ottimi spunti per combattere in modo efficace il nero che sta dentro di noi con i colori dell’iride che sgorgano da un’allegra risata.
Ideato, scritto, diretto e montato da Raffaele Tamarindo, prodotto da Antonio Tiani e da Mario Tamarindo, Un giorno insieme a te ha come direttore della fotografia il geniale fratello di Raffaele, Vincenzo; co-protagonisti sono Luigi Silvestro, nei panni del più caro amico di Raf, Andrea Amoroso in quelli della sorella deceduta del giovane interprete e Giuseppe Loffredo ad impersonare la Morte. Una nota finale per me di grande importanza: a collaborare all’opera prima di Raffaele Tamarindo, con la sua grande perizia, è stato il drammaturgo e regista Giovanni Meola, concittadino della famiglia Tamarindo. Un rilievo non da poco.
“Ehi bella! Grazie di esistere…”
Lidia Borghi