Corti d’autore. Lettera d’amore di Alessandro Bergallo
Con grande piacere mi soffermo oggi sul cortometraggio di un amico che condivise con me i due anni del ginnasio, durante i quali una irreprensibile docente di lettere ci fornì i rudimenti di quel sapere antico che avremmo masticato per i successivi cinque anni di liceo. Da allora sono passati più di trent’anni.
Alessandro Bergallo è un attore genovese di teatro che esordì nel 1985 con la compagnia dialettale Mario Cappello e, da allora, non si è più fermato donando al pubblico, ligure e non, tante opere di grande valore, tutte collegate fra loro da una sottile ironia che riesce a strappare ben più di una risata, spesso amara.
Lettera d’amore (I, 2007, 4′,20”) è un corto che Bergallo ha messo insieme grazie al montaggio del regista Marzio Mirabella che ne ha curato anche le riprese e narra le tragicomiche vicende di un ragazzo (Alessandro Barbini) il quale non riesce a liberarsi dell’ingombrante presenza di una vecchia fiamma alquanto insistente e dalle idee assai confuse (Martina Nocera, figlia del Grande Claudio Rufus Nocera, fondatore ed anima del gruppo genovese Cavalli marci).
Interno giorno. La macchina da presa effettua una carrellata e, dopo aver inquadrato una foto incorniciata priva di una metà, si sofferma per pochi secondi sulla copertina di un libro che garantisce la cura della depressione attraverso le piante; d’un tratto la piacevole musica in sottofondo viene disturbata da un rumore di vetri infranti. Come in una soggettiva la telecamera si sposta in modo brusco al centro della stanza, sul cui pavimento giace, in mezzo ai pezzi di vetro, un foglio accartocciato intorno ad un sasso. Una mano raccoglie l’involto e, dopo averlo liberato dalla pietra, lo svolge e ne legge il contenuto. Si tratta di una lettera. La voce in sottofondo – con un marcato accento ligure – è quella della ex fidanzata del protagonista, un attonito giovane il quale, dopo aver dato una scorsa alle prime righe della missiva, alza lo sguardo verso l’obiettivo con una domanda inespressa sul viso. E la narrazione continua. E con essa l’alternarsi di immagini che ci presentano ora lei, china sul foglio che sta vergando a mano ora lui, preso dalla fretta mentre mette insieme le sue poche cose per fuggire via dall’ennesimo appartamento preso in affitto e da tutte quelle finestre infrante. E dalla di lei confusione mentale. Unica compagnia dell’ex fidanzato una piantina. E così, mentre le parole di Martina si dipanano sul foglio bianco e nell’etere, il nostro eroe – sempre più perplesso – continua a vagare per la città all’inutile ricerca di una casa in cui quelle parole non possano giungere a ricordargli la scomoda presenza della giovane: «Mi ami?! Io no… Anche se è difficile spiegare quanto mi manchi… Quando si ama davvero è così… Perché io ti amo ancora anzi, forse non ti amo, ma è difficile capire quando sei lontana da una persona…» Sarà forse colpa dell’oroscopo negativo? Chissà. Intanto il protagonista continua la sua odissea personale. L’ennesimo monolocale preso in affitto affaccia sul mare, ma la nostra confusa eroina non demorde e, scovato il suo ex amato bene… Rompe un’altro vetro.
Difficile non ridere, mentre si guarda questo corto d’autore, nel quale la fantasia si mescola alla realtà. Sì, perché quella missiva dai toni ora drammatici ora risibili esiste davvero, venne spedita ad Alessandro Bergallo tanti anni fa da una vecchia fiamma che si era innamorata di lui ma che non era in grado di gestire un rapporto d’amore in modo maturo. Dalle contraddittorie frasi contenute in quei fogli bianchi scritti a penna il nostro autore prese ispirazione, sei anni fa, per confezionare questo corto d’autore dalla grande carica ironica che, in meno di cinque minuti, ci fa sorridere a denti stretti, mentre le immagini ci mostrano l’ennesima pietra che, dopo avere infranto un altro vetro, centra in pieno la piantina che il protagonista stava curando in modo amorevole per tentare di riemergere dalla depressione causata dalle mattane di Martina.
Che Alessandro Bergallo sia un autore ed un attore di grande talento non sono io a sostenerlo ma le tante persone che, da quel lontanissimo 1985, ne seguono le gesta comiche e teatrali al fianco di un gruppo di persone assai preparate, che hanno alle spalle una dura gavetta, fatta di tante porte chiuse in faccia, provini a non finire, tavole del palcoscenico calcate per mesi e mesi di tournée lontane e lontani da casa e fame, tanta fame fatta nel tentativo di inseguire un successo che, lungi dall’essere un miraggio, esiste e di continuo ci ricorda che il teatro comico non è solo quello mainstreaming e che è proprio all’interno delle piccole compagnie locali, vere e proprie fucine di fenomeni, che si formano le artiste e gli artisti di domani. Bergallo & Co. ne sono un fulgido esempio. Vedere per credere.
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Lidia Borghi