Come il covid-19 ha cambiato le abitudini delle persone LGBTI
Il covid-19ha cambiato le abitudini di tutte e tutti noi: si deve stare il più possibile a casa, uscire solo per situazioni di necessità o motivi di salute, sono vietati gli assembramenti e le passeggiate.
Le iniziative della comunità LGBTI non sono da meno: chiuse le discoteche rainbow, i cui incassi sono destinati a finanziare i pridee gli spettacoli a essi collegati; i gruppi che prima si radunavano nelle loro sedi hanno rimandato le riunioni a data da destinarsi e si acuisce il problema della solitudine delle persone che attendevano con ansia i nuovi incontri per socializzare; anche gli eventi culturali sono saltati e con essi la già debole presenza sul territorio di luoghi di aggregazione per persone LGBTI.
E le Appdi incontri per gay? C’è chi dice di non aver paura e di continuare a vedere uomini e che se si dovesse pensare al virus nessuno farebbe più sesso, perciò adotta il principio del “lavati le mani e spogliati”. Alcuni evitano i rapporti occasionali, ma a far più paura sono sempre le malattie a trasmissione sessuale, per evitare le quali il preservativo è indispensabile.
È di due mesi fa l’appello di Scout,il vice direttore del “National LGBT Cancer Network”, il quale ha sottolineato come le personeLGBTI sianotre volte più arischiodi contrarre il virus: per il consumoditabacco, essendo il covid-19una malattia che colpisce i polmoni – “La popolazione LGBTQ+ utilizza tabacco a tassi superiori del 50% rispetto alla popolazione generale”– per ilgran numero di casi di HIV e di tumore, che compromettonoil sistema immunitario, e per la discriminazione che subiscononelle strutture sanitarie, che le spingea richiedere assistenza medica soloin casi estremi.
Sul versante religioso è un delirio: è della metà di marzo l’infelice uscita di un rabbino ortodosso, Meir Mazuz, che ha detto come a causare la pandemia da covid-19siano stati i “Gay Pride”, che sono contro natura e hanno un’inclinazione malvagia: “quando qualcuno va contro natura, colui che ha creato la natura si vendica di lui.”
Ad aggravare la situazione il prete cattolico Steven Andrew, il cardinale Raymond Burke e il vescovo messicano Ramón Castro: per Andrew sono le persone LGBTI la vera causa della diffusione del virus: “La Bibbia insegna che gli omosessuali perdono la loro anima e Dio distrugge le società che includono la comunità LGBT. Obbedire a Dio protegge gli Stati Uniti dalle malattie come il coronavirus.”
Il cardinal Burke ha affermato che le chiese dovrebbero restare aperte (sic!) per poter pregare contro le piaghe sociali: aborto, eutanasia, movimento LGBTI e attivismo per il riconoscimento dell’identità transgender; ha inoltre parlato di “attacco pervasivo all’integrità della sessualità umana” e ha rispolverato l’ormai logora teoria gender.
Il vescovo Castro ha osservato come la pandemia sia stata mandata da Dio per ammonirci a non giocare con lui, per scuoterci e farci riflettere sui nostri peccati, compreso il movimento di autodeterminazione delle persone transgender.
A rispondere a Burke e Castro è stato Francis DeBernardo, il direttore esecutivo di “New Ways Ministry”, che li ha definiti degli sciagurati: in un periodo tanto difficile e instabile, in cui le vite delle persone sono sospese, ha affermato che “Papa Francesco dovrebbe rimuovere entrambi gli uomini dal ministero pubblico a causa del lorolinguaggio pericoloso e irresponsabile nei confronti delle persone LGBTQ e anche perchépromuovonola disinformazione e l’ignoranzanel mezzo di una crisi sanitaria globale. La Chiesa cattolica, una religione mondiale già ampiamente screditata, non può ignorare tale incoscienza.”
Usare come capro espiatorio dei mali del mondo la comunità LGBTI è una costante: l’omofobia integralista e suprematista è una malattia che si trasmette per via mentale e calpesta i diritti civili altriin nome di Dio. Non venga un giorno in cui quegli uomini timorati di Dio si pentano di non aver ascoltato gli appelli della società civile al rispetto della diversità.