Close-La storia di Léo e Rémi
Léo (Eden Dambrine) e Rémi (Gustav De Waele) sono amici fin da quando erano piccolini, stanno sempre appiccicati, giocano, ridono, corrono, si abbracciano, hanno un’intesa profonda, spesso dormono insieme. Hanno dodici anni, in autunno andranno alle superiori nella stessa scuola e occuperanno lo stesso banco. Questo è il prologo del film “Close”, diretto in modo magistrale da Lukas Dhont.
Fino a quando i due ragazzini vivono al riparo dal mondo esterno tutto va bene, ma quando sono costretti ad abbandonare il loro guscio protettivo per entrare nel crudele mondo della scuola le cose cambiano, diventano difficili, poi ingestibili: all’inizio Léo e Rémi non mutano i loro atteggiamenti, continuano ad abbracciarsi e a sorridersi in modo complice sia in aula che durante la ricreazione, poco tempo dopo però a predominare non sarà più l’affetto smisurato fra i due ragazzi, ma lo sguardo altrui che si posa su di loro con malizia, cattiveria e con l’intento di deriderli, soprattutto Léo.
Rémi non dà peso al bullismo dei compagni e delle compagne, ma Léo cambia atteggiamento di punto in bianco: riesce a entrare a far parte del gruppo di pari dal quale all’inizio era stato escluso, comincia a giocare a Hockey per rafforzare la sua virilità rimediando solo delle gran cadute, con Rémi che non capisce cosa gli stia succedendo; una mattina lo scuote, gli mette le mani addosso, gli chiede spiegazioni, rivuole indietro il suo migliore amico, le corse in campagna in mezzo all’erba alta e ai fiori, le risate a crepapelle, i giochi di ruolo, quel modo speciale e pieno di dolcezza che Léo ha di placare la sua anima inquieta e di mettere a tacere certi pensieri che ancora non gli sono chiari.
Rémi è un bambino molto sensibile, è un’anima candida senza malizia e senza sovrastrutture mentali e a differenza di Léo non sa ancora cosa sia la razionalità e quanto possa falsare le emozioni. Con la ragione non si vivono le emozioni. Fra i due amici però il vero debole è Léo, che crolla subito di fronte alle offese, alle insinuazioni e alle intimidazioni dei compagni e, anziché difendere l’amore per il suo migliore amico, lo mette da parte seguendo la ragione e non il cuore.
Léo ha paura della sessualizzazione che i suoi compagni gli insinuano nella mente con le loro battutine, come quando gli danno del frocetto, della fatina o della femminuccia; quelle parole, taglienti come lame, hanno su di lui un effetto sconvolgente.
Quel distacco violento costerà caro ai due ragazzi, che perderanno la cosa più bella della loro vita con conseguenze drammatiche.
Con il passare dei giorni l’intesa fra i ragazzini si sgretola, il loro amore innocente si deteriora fino a spegnersi: Léo non vuole più che Rémi lo tocchi, lo allontana, durante un litigio lo picchia, non vuol più dormire insieme a lui, è angosciato; non lo guarda più con gli occhi di prima. Rémi è disperato.
La pubertà uccide la purezza dell’infanzia, la soffoca con la ragione; Dhont ha fatto sì che Léo e Rémi si separassero loro malgrado per rispettare le crudeli leggi di quel periodo della vita in cui tutto cambia e nulla sarà più come prima e in cui le regole sociali cominciano a insinuarsi nelle menti delle bambine e dei bambini, che non sono ancora pronti ad abbandonare l’età dell’innocenza.
A mano a mano che la rottura si compie, il divario fra Léo e Rémi diventa una voragine ed è nella seconda parte della pellicola che gli interpreti danno il meglio di sé, quando il meccanismo sta per incepparsi e basta un ultimo click perché si fermi del tutto.
“Close” è un film LGBT? Forse. È un “Drama Teen”? Una dolorosa storia di formazione? Non si sa, ma lo scopo del regista non era quello di etichettare il suo film, bensì di lasciar parlare le emozioni e lo ha centrato in pieno.
Eden e Gustav hanno interpretato le emozioni di Léo e Rémi con una bravura e una spontaneità che non ci si sarebbe aspettate e aspettati da due giovanissimi attori al loro esordio cinematografico i quali spesso, durante le riprese hanno improvvisato.