Citizen Gay. Lo slogan dei diritti negati
Giovedì otto febbraio 2013, presso la sala di rappresentanza di Palazzo Tursi a Genova, sede del Comune, la Scuola di Psicoterapia Comparata (SPC) ha ospitato il professor Vittorio Lingiardi in occasione della presentazione del libro “Citizen Gay. Affetti e diritti”, di recente ripubblicato da Il Saggiatore in un’edizione riveduta ed aggiornata. Sono intervenuti l’avvocato Francesco Bilotta, docente di diritto privato presso l’Università di Udine nonché rappresentante della Rete Lenford di avvocatura per i diritti LGBT e Simone Regazzoni, docente di Estetica presso all’Università di Udine.
L’evento, che ha avuto il patrocinio del Comune del capoluogo ligure, ha visto l’introduzione della psicologa e psicoterapeuta Laura Grignola – direttrice della SPC – la quale ha sottolineato che la stesura di un libro come Citizen Gay non avrebbe mai dovuto avvenire e, se ciò è accaduto, vuol dire che qualcosa non va per il verso giusto, nel nostro Paese: l’epistemologia dovrebbe essere una tappa fondamentale della formazione di tutte le persone addette ai lavori che vogliano dirsi a loro volta formatrici, poiché la natura è cultura ed è anche un insieme che muta di continuo, per nulla stereotipata e sempre aperta al cambiamento, anch’esso parte integrante di noi. Quale terapia è allora possibile, in generale, mettere in pratica nei confronti dei clienti che alla psicoanalisi si affidano? Un insieme di linee guida esenti da stereotipi che abbiano a che fare con il loro benessere emotivo.
A proposito, poi, all’attuale dibattito in merito al matrimonio fra persone dello stesso sesso e alle famiglie omogenitoriali, Grignola ritiene che esso sia troppo acceso e addirittura eccessivo e che sia il matrimonio che la famiglia, di qualsiasi tipo essi siano, hanno a che vedere con il desiderio, quell’insieme di sentimenti che non è possibile ingabbiare, celare, cancellare, acquistare o vendere. Infine l’affettività non può essere normata. Men che meno etero-normata.
Simone Regazzoni, il primo relatore, ritiene che il matrimonio fra persone dello stesso sesso non rappresenti una battaglia solitaria portata avanti da pochi soggetti, ma un diritto civile oltre che un bene morale che alle lesbiche ed ai gay è precluso; ciò è quanto Vittorio Lingiardi ha sottolineato nell’edizione aggiornata di “Citizen gay”, un libro nel quale non si corre mai il rischio del “politically correct”, anzi: viene in esso sviluppato un ben preciso paradigma politico, quello del diritto negato al matrimonio, per l’appunto. Che dire, poi, dell’omofobia? Senza una legge che veda come un’aggravante le violenze di stampo omofobico, tutti gli sforzi sociali sono inutili, poiché la mancanza di una norma ne avalla il riconoscimento simbolico, il quale finisce per forgiare la mentalità di chi è omofobo; poche sono le persone che ammettono di avere una mentalità omofobica e, quel che è peggio, quando si paventa loro una possibile norma punitiva, si sentono punte sul vivo, forti della legittimazione sociale della loro eterosessualità. Questo meccanismo fa sì che l’omofobia rappresenti un concetto culturale difficile da sradicare.
Francesco Bilotta ha invece posto l’accento sul danno esistenziale al quale, a lungo andare, gli individui LGBTQI sono soggetti a causa dello stigma sociale e del mancato riconoscimento dei loro diritti civili; il fatto di affrontare, durante la sua pratica di avvocato, tante storie dolorose, gli ha fatto conoscere altrettante problematiche esistenziali di difficile risoluzione, a causa della latitanza del legislatore, il quale da troppo tempo rimanda l’approvazione di una serie di norme civili e legali che colmino l’enorme lacuna; centinaia di coppie omosessuali italiane si sono sposate all’estero a costo di enormi sacrifici, il che sta causando la formazione di uno “stato di diritto censuario” in base al quale chi può contrae matrimonio oltre confine e mette in pratica la fecondazione eterologa e chi non può si sente ancor più emarginato e destinato ad una vita di sopravvivenza.
Ecco quindi che ad una/un legale che si occupa di diritti negati alle persone LGBT si pone un problema giuridico: “Come faccio io avvocata/o a risolvere i problemi di tante persone che, spesso da decenni, vivono in coppia con individui del loro stesso sesso senza godere degli stessi diritti umani delle coppie eterosessuali? Può Rete Lenford limitarsi a rispondere a tutti quei soggetti che il legislatore è latitante? Di certo no e infatti deve prendere una posizione certa e netta contro questa mancanza di civiltà.
Dal 2007 al 2013 diverse cose sono cambiate nel mondo, ma anche in Italia: Le coppie formate da persone dello stesso sesso hanno ottenuto due traguardi importanti, sanciti da altrettante sentenze, una della Corte Costituzionale e l’altra della Corte di Cassazione; entrambe hanno dimostrato che al diritto non interessa l’orientamento sessuale dei nubendi e che le coppie formate da due persone dello stesso sesso hanno per il diritto la stessa dignità di tutte le altre coppie. La tutela è identica. Per la prima volta nel nostro Paese è stata posta una questione di tipo costituzionale che consente alle coppie dello stesso sesso di ricorrere.
Se è vero quindi che la legge è uguale per tutti, per questo tipo di coppie lo è un po’ meno. E così viene leso il principio di uguaglianza. A seguito della cancellazione della patologia omosessuale dal DSM IV, il problema si è spostato dall’ambito medico a quello morale, inficiando così l’intervento del legislatore. Per quanto riguarda i matrimoni contratti all’estero, si dice spesso che essi non hanno alcun valore qui da noi, ma non è del tutto vero: a livello di politiche famigliari quelle unioni sono regolate dal diritto dell’Unione Europea, in base al quale l’Italia deve evitare discriminazioni e, laddove ancora ne permangano, di eliminarle con il giusto intervento legislativo. Altro discorso: secondo molte persone la società non sarebbe ancora pronta. Per che cosa? Il legislatore deve ignorare questa fandonia e scendere nel concreto ovvero colmare una tremenda lacuna civile. Qual è allora il problema di più stringente attualità? Non tanto l’adozione in sé, ma lo stretto legame tra il matrimonio e la procreazione. Se ne facciamo un discorso ideologico non andiamo da nessuna parte. Ecco perché occorre abbandonare le ideologie, mettersi intorno ad un tavolo ed ascoltare gli altri.
Vittorio Lingiardi ha infine espresso il suo personale sentimento di riconoscenza nei confronti di coloro che si occupano di questioni LGBTQI, poiché grazie a loro vengono fuori pensieri a tutto tondo che danno da pensare e costringono a fare un esercizio critico.
Quando ha scritto “Citizen Gay” Lingiardi è partito da un approccio disciplinare, forte del disagio che nella stanza della terapia gli veniva trasmesso; Fra le tante questioni affrontate, una delle più importanti ha a che fare con lo stress da minoranza o “Minority Stress”, per non parlare dell’omonegatività – interiorizzata o sociale – che costringe molte persone a vivere una vita piena di ansia e di dolore. Perché? Perché ad essere minata è l’affettività di una minoranza consistente di individui. Essa viene il più delle volte tirata in ballo in modo violento; così, ogni volta che una persona lesbica o gay subisce un declassamento, ad essere declassata è l’intera società o, che è lo stesso, se a perdere è una categoria, sarà tutta quanta la società a perdere.
Quando fra la società e le persone omosessuali viene a crearsi un rapporto di tipo storico? Ogni qual volta le persone gay e lesbiche riescono ad uscire allo scoperto per rivendicare il riconoscimento della loro dimensione affettiva sul piano sociale; quindi, le specificazioni di questo tipo si potranno stemperare solo quando le leggi metteranno davvero tutte le cittadine e tutti i cittadini nella condizione di avere pari opportunità. Ecco perché a Vittorio Lingiardi premeva segnalare una tale mancanza attraverso quello che, con il passare del tempo, è diventato un vero e proprio slogan: “Citizen Gay”.
Perché le persone omosessuali – si è domandato Lingiardi – hanno sempre sollevato tanta ostilità e una forte stigmatizzazione? Quale nervo scoperto vanno a toccare? Le omofobie rispondono a cause arcaiche ma non solo, in quanto oggi rappresentano un fenomeno di tipo sociale che porta molti ad affermare: “Se tutte le persone fossero omosessuali la società si estinguerebbe”. E – si è domandato il professore – non sarebbe la stessa cosa se l’intera umanità fosse formata da preti? La risposta a questo ed a molti altri quesiti ha spinto Lingiardi a tirare in ballo l’omologazione, che induce molti a pensare che l’eterosessualità sia un valore laddove l’omosessualità non lo sia mentre, nel caso dell’omofobia, una certa parte di cittadinanza è indotta a pensare che una legge che la punisca sia anticostituzionale in quanto minerebbe il diritto di espressione – intrisa di parole d’odio – delle persone omofobe.
Discorso a parte per la cosiddetta scelta: i gay e le lesbiche non scelgono l’orientamento affettivo e sessuale “altro”; inoltre, più le questioni omosessuali vengono alla luce, più le persone omosessuali riescono ad uscire allo scoperto e meglio è, in quanto la paura finisce per diminuire, mentre aumenta il rispetto. L’importante è non uccidere il diritto che gli individui hanno alla felicità. Omo o etero che siano.
Ed ecco il riferimento al concetto di “Edipo a mosaico”, un termine psicoanalitico che può ben essere applicato alle creature nate o cresciute all’interno delle famiglie omogenitoriali; esso prova a rispondere alle domande: “Chi è il vero genitore?” – “Quale legame c’è fra la procreazione e la genitorialità?” Nel caso delle famiglie adottive, non esistono legami di sangue tra i coniugi affidatari e la prole eppure esse vengono accettate e supportate dalla legge; inoltre la bambina o il bambino adottati hanno vissuto il cosiddetto “rifiuto biologico”. Nel caso delle famiglie omogenitoriali, invece, la/le creatura/e ha/hanno quello che Lingiardi ha definito “un altrove fatto di due biologie”, pertanto chi può stabilire con assoluta certezza quale tipo di famiglia sia quella giusta? Solo gli esponenti di quei nuclei affettivi possono dare una risposta certa, perciò si dovrebbe dar loro la possibilità di raccontarsi.
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Lidia Borghi