Lidia Borghi Body Wrapper

Changeling

Los Angeles, 1928. Siamo alla vigilia della crisi del ’29 che porterà gli Stati Uniti al Proibizionismo. Christine Collins (Angelina Jolie) si appresta a recarsi al lavoro e lascia a casa il figlio Michael con la raccomandazione di non aprire a nessuno.

Quando fa ritorno a casa Michael non c’è più. Disperata, si reca alla polizia per denunciarne la scomparsa. E lì, in quel distretto che dalla pessima fama, inizia il suo dramma. Ragazza madre, impiegata come centralinista, Christine è intenzionata a ritrovare l’amato figlio, ma gli investigatori brancolano nel buio. Il capo del distretto, il capitano Jones (Jeffrey Donovan) ha le sue gatte da pelare, non ultima quella di alcuni avversari politici che lo accusano di non aver ancora risolto il caso di molti ragazzini scomparsi, come Michel, in circostanze misteriose. Così, circa cinque mesi dopo, il caso “Michael Collins” è annunciato come risolto.

Christine viene convocata per riportarsi a casa un ragazzino che afferma di essere suo figlio ma che gli somiglia solo un poco. Quando la donna, davanti a giornalisti e fotografi, dichiara di non conoscere il bambino, il capitano Jones la obbliga a portarselo a casa e a non dare scandalo. L’emozione del momento le ha senza dubbio obnubilato la mente e presto ritornerà in sé e si accorgerà che quello è Michael Collins, suo figlio. La donna è distrutta. Nessuno sembra crederle e presto viene additata dall’opinione pubblica – manovrata dal distretto di polizia insieme alla stampa connivente – come malata di mente e, quando Jones la fa internare in manicomio, Christine si rende conto di essere sola. O quasi. Soltanto una persona le darà ascolto, il reverendo Gustav Briegleb (John Malkovich) colui che più di tutti, a Los Angeles, aveva accusato il “Los Angeles Police Department” di corruzione e superficialità nel trattare i casi più urgenti e che ora, di fronte all’ennesima storia insabbiata, decide di denunciare il capitano Jones e la sua squadra.

Sarà grazie alla sua tenacia che la signora Collins verrà liberata ma, purtroppo, un dramma più grande di quello vissuto dalla donna è in agguato. Il “detective” Lester Ybarra (Michael Kelly) viene convocato in Canada per seguire le tracce di un presunto assassino seriale di bambini e, a seguito dell’interrogatorio di un minore che tra le lacrime gli ha confessato di essere stato costretto ad uccidere una ventina di suoi coetanei, ben presto si ritrova a collegare la scomparsa del piccolo Michael con quella di alcuni ragazzini che non hanno mai fatto ritorno a casa. L’assassino sarebbe lo zio del minore. Quel che viene ritrovato nella fattoria dell’uomo riempie di orrore il “detective” Ybarra. Tutto coincide con il racconto fatto dal ragazzo, a cominciare dal luogo in cui i piccoli venivano segregati in attesa di essere massacrati, per finire con la fossa comune.

Gli uomini di Ybarra vengono incaricati di scavare alla ricerca di tracce organiche e quel che trovano non fa che confermare i sospetti dell’investigatore. Decine e decine di crani, femori, tibie, casse toraciche e altre ossa umane verranno in seguito riconosciute come appartenenti ad altrettanti maschi bianchi di un’età compresa fra i sette e i dieci anni circa. Così, il dramma personale di Christine e Michael si mescola a quello ben più grande di tante famiglie i cui più intimi legàmi sono stati spezzati a causa del rapimento e del massacro dei propri figli. L’indagine di Ybarra porterà all’identificazione, cattura, incriminazione e condanna alla pena capitale per omicidio volontario plurimo dello zio del ragazzo reo confesso. La sentenza verrà eseguita mediante impiccagione.

A Christine Collins non resterà che fare causa al dipartimento di polizia di Los Angeles. Il capo Jones e l’investigatore che le aveva riportato a casa il figlio sbagliato vengono sospesi per sempre, mentre un altro processo attende la donna, quello all’assassino di quelle tante creature innocenti. E forse di suo figlio. Uno dei piccoli sopravvissuti al massacro racconterà infatti ad Ybarra di aver visto un ragazzino di nome Michael fra coloro che furono imprigionati dallo psicopatico, ma di non conoscerne la sorte. E Christine trarrà ben poca soddisfazione dalla sentenza. Tornerà a casa sola come prima, ma non smetterà mai di cercare il figlio scomparso in modo misterioso dalla città di Los Angeles e dal suo cuore durante un soleggiato sabato invernale.

Clint Eastwood alla regìa ha fatto un altro centro, dopo aver diretto film come Un mondo perfetto, I ponti di Madison County, Mystic River, Million Dollar Baby (e prima di Gran Torino) malgrado il doppio tema così scottante di una storia vera che non è stato facile tradurre in immagini. Non a caso la parte più intensa e angosciante di tutto il film è quella contenuta nell’ultima ora di pellicola, quando oramai i giochi sembrano fatti, i corrotti sono stati puniti e la giustizia ha trionfato. E invece non è così. L’”altra” verità salta fuori nel momento in cui lo spettatore sta tirando un sospiro di sollievo e viene coinvolto in un’altra storia, ancor più sporca della precedente, piena di orrore e raccapriccio per la violenza con cui ci viene sbattuta in faccia.

Non a caso Eastwood ha voluto attenersi il più possibile alla realtà di una vicenda che fece tanto scalpore nell’America del Proibizionismo e che mandò sulla forca un individuo che usava le mani innocenti del nipote per trucidare bambini rapiti nei cortili di casa. Una brutta faccenda, di denuncia sociale, quella narrata in Changeling, che colpisce per la brutalità delle immagini e per il linguaggio crudo. Ottimi tutti gli attori, a cominciare da un eccellente John Malkovich, nei panni del reverendo che per primo, dal pulpito della sua chiesa, aveva denunciato la corruzione dei poliziotti di Los Angeles. Una nota a parte merita Angelina Jolie, che interpreta la madre del bimbo scomparso in modo non sempre convincente, a detta di alcuni critici.

La tensione emotiva è altrove, certo non nelle movenze dalla sensualità debordante di un’attrice che ha rivelato il suo indiscusso talento in altri film, più adatti a far emergere tutto il suo fascino di star hollywoodiana. Changeling vince con merito a prescindere dalla Jolie, in quanto ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale un tragico evento che sembrava sepolto sotto la polvere della storia statunitense del secolo scorso. E Clint Eastwood è riuscito a narrarcelo senza scadere nello stereotipo. Cosa non da poco in quest’epoca di strumentalizzazioni a buon mercato.

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