“Better than Chocolate”-Maggie, l’amore e il Coming Out
Cosa fareste se veniste a sapere che vostra figlia, allieva universitaria fuori sede, ha lasciato gli studi, vive in tutt’altra città e ha una relazione con una ragazza? È ciò che accade nel film “Better than Chocolate” (trad. Meglio del cioccolato) in cui la protagonista, Maggie, nasconde il proprio orientamento sessuale alla madre Lila, una cinquantenne puritana e dispotica che considera il matrimonio l’unico stile di vita possibile per una donna.
Maggie fa parte di un gruppo di amiche che si riuniscono da Frances, una burbera ragazza complessata proprietaria della libreria “Ten Percent Books”, specializzata in libri sulla cultura lesbica; insieme a lei ci sono Judy, una persona transgender che si è innamorata di lei ma non sa come dirglielo, e Carla, una donna bisessuale.
Una sera Maggie incontra Kim, un’artista di passaggio con un camper tutto colorato e fra loro basta uno sguardo per innamorarsi.
Maggie riceve una telefonata inattesa dalla madre, che è disperata perché sta divorziando e non sa dove andare, così si auto invita a casa sua. Maggie non sa dirle di no poiché è sottomessa: Lila le ha impartito un’educazione rigida che non contempla il rispetto per la diversità, perciò non ha mai trovato il coraggio di dirle che è lesbica; la madre però non sa che di lì a poco tutte le sue convinzioni si sgretoleranno.
Tanto Kim è spigliata, quanto Maggie è insicura e repressa, ma quando sale sul palco del bar “The Cat’s Ass” smette i panni della ragazza complessata e balla e canta in play back brani espliciti con una disinvoltura da fare invidia a Madonna.
Maggie dorme sul divano della libreria perché non ha ancora trovato un appartamento e solo all’ultimo momento riesce a prendere un loft in subaffitto. La casa è grande e potrà ospitare sua madre e suo fratello, ma dovrà dormire sul divano con la sua amica Kim.
La convivenza forzata non è facile, Lila ha giudizi severi nei confronti di Maggie, che non riesce a farsi le proprie ragioni con la madre che si ritrova, egocentrica, bacchettona e pure invadente, che nega l’esistenza dell’omosessualità e fa finta di non capire che Kim è la fidanzata di sua figlia; Lila è sfinita, l’unica vita che credeva possibile è stata spazzata via dal tradimento del marito, così, ogni volta che ripensa a tutta la sofferenza che sta provando, piange e mangia un cioccolatino. Ne compra a pacchi di cioccolatini, per non rimanere mai senza.
Delle donne che frequentano la libreria, Judy ha la storia più delicata in tutti i sensi previsti dal vocabolario: è dolce e gentile, fragile e garbata, ha un’animo nobile, veste in modo elegante ma sobrio e quando parla di sentimenti sussurra; poi c’è la delicatezza della sua vicenda di donna transgender che si accinge a intraprendere l’intervento per l’assegnazione di genere. È atroce quando i genitori gli mandano i soldi per comperare una casa pur di toglierselo dai piedi, messaggio che le arriva anche per lettera. Raccomandata. Sia mai che le Poste se lo perdano. Durante uno dei suoi numeri al “The Cat’s Ass” canta la sua affermazione di genere: “Io sono di un altro genere, ciò che avete davanti agli occhi non è un imbroglio. Sono nata in un corpo di uomo, ma sono sempre stata una donna.”
“Better than Chocolate” è un film a più livelli nel quale a ogni interprete succede qualcosa che le o gli cambierà per sempre la vita e in questo scenario articolato la persona che più di tutte riesce a mutare mentalità è Lila, che via via abbandona i modi autoritari e omofobi e capisce che esiste un mondo di persone non conformi alle sue certezze, e sarà soprattutto Judy a mostrarle la strada verso la consapevolezza e il rispetto.
La pellicola ha diversi difetti strutturali che a suo tempo fecero infuriare le donne lesbiche di mezzo mondo, le quali accusarono la regista di non aver fatto una commedia romantica, ma un film stereotipato.
È pur vero che le storie di Maggie, Kim, Judy, Frances, Carla e Lila sono interessanti grazie a caratteristiche uniche in cui chiunque può riconoscersi.