Amazonia 2.0. Un corto dalla parte delle native e dei Nativi Kichwa di Sarayaku
Si chiamano Maria Cecilia Reyes, Sandro Bozzolo e Alessandro Ingaria e sono gli autori di un documentario di utilità sociale dal titolo Amazonia 2.0 (Ecuador, 2011, 42′), girato in HDV e montato da Max Chicco.
Presentato al Piemonte movie Glocal Film Festival 2012 (http://www.piemontemovie.com/homepage.html), che si è svolto a Torino ed a Moncalieri dal sei all’undici marzo scorso, il video è incentrato sulla popolazione nativa sudamericana Kichwa di Sarayaku (Ecuador).
L’antefatto: Siamo nel 1996. Il governo dell’Ecuador, guidato da Sixto Durán Ballén, stipula un contratto economico con una compagnia petrolifera che avrà la possibilità di estrarre petrolio dall’area denominata Bloque 23. Ben 200 ettari di quell’appezzamento si trovano nella foresta amazzonica. La provincia si chiama Pastaza. A vincere la gara d’appalto è un gruppo multinazionale argentino (Compañía General de Combustibles) che si impadronisce di una parte di territorio abitato dalla popolazione nativa protagonista del documentario. Ben il 65% del Bloque 23 rappresenta l’unica fonte di sostentamento e di vita per le donne, gli uomini, le persone giovani e quelle anziane di Kichwa a Sarayaku. Nessuno di loro è stato interpellato. Quel che resta da fare è intraprendere un’azione giuridica contro la multinazionale. A farlo è l’intera comunità. La legge è dalla sua parte. Nulla da fare. Né il tribunale locale di Puyo né la magistratura nazionale accolgono le istanze del centro abitato di Sarayaku, che sceglie di continuare nella sua azione di resistenza contro il gigante petrolifero. Da quel lontano 1996 passano quattro anni, al governo ecuadoriano è salito Marlon Santi e le donne e gli uomini di Kichwa adottano una nuova strategia non violenta: animate ed animati da un gruppo di persone giovani armate dei più aggiornati mezzi di comunicazione, grazie ai quali documentano l’occupazione del loro territorio da parte dell’esercito, possono divulgare in tutto il mondo, attraverso il web, un’occupazione voluta da un gigante petrolifero ai danni di una zona abitata da migliaia di persone. La comunità Kichwa ha quindi presentato alla Corte Interamericana per i Diritti Umani una richiesta di danni per violazione dei diritti umani della suddetta popolazione. Il Bloque 23 verrà rimosso nel 2003 dalla compagnia petrolifera. L’accordo è rotto per sempre.
Il documentario Amazonia 2.0 ha avuto inizio da quel lontano 2003, quando il peso mediatico si è piano piano smorzato e la comunità Kichwa di Sarayaku ha cominciato a mettere in pratica un nuovo piano di sviluppo economico e di vita, grazie all’aiuto della Cooperazione Internazionale. Quel che necessitava, undici anni fa, era un’impostazione nuova che non danneggiasse un modello di vita vecchio di millenni, grazie al quale le donne e gli uomini di Kichwa sono sopravvissuti sino ad oggi. A fare la differenza, quindi, sono stati i pannelli fotovoltaici che, in mezzo alla folta vegetazione amazzonica, svettano dalle cime delle capanne di legno insieme alle parabole per il collegamento senza fili ad internet. Dal 2008 ad oggi, quella resistenza non violenta, iniziata tanto tempo prima per rivendicare la vita di migliaia di persone, ha assunto un aspetto diverso che può essere d’esempio a quante e quanti, in tutto il mondo, credono davvero che le energie rinnovabili possano e debbano fare la differenza, al fine di tappare per sempre le bocche di coloro che continuano ad indicare nel nucleare l’unica alternativa possibile per il futuro energetico del pianeta Terra.
Quel che è venuto fuori da questa meravigliosa esperienza è un progetto di studio, guidato dall’autrice e dagli autori di Amazonia 2.0, che hanno prodotto un documentario di utilità sociale che può essere divulgato in tutto il mondo, grazie all’enorme potere comunicativo del web. Amazonia 2.0 ci può, quindi, insegnare molto. Per esempio che la vera rinascita della vasta comunità umana può ricominciare grazie “agli elementi fondanti del pensiero indigeno”, come è possibile leggere all’interno del documento di presentazione del video, concessomi con grande cortesia e disponibilità dallo sceneggiatore alessandrino Claudio Braggio.
In quella presentazione si legge altresì: «Per ricostruire le fasi salienti della lotta, verranno utilizzate immagini di repertorio appartenenti all’archivio della “Selvas Sarayaku Producciones”, registrate da Eriberto Gualinga Montalvo. In particolare, verranno acquisiti estratti registrati in occasione della grande marcia verso Quito organizzata dalla Comunità di Sarayaku nel 1992, per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica ecuadoriana sui problemi delle minoranze indigene. Questo episodio rappresenta infatti l’inizio simbolico del cammino di resistenza intrapreso da Sarayaku.»
Presentato in contemporanea mondiale il nove marzo 2012 all’interno della dodicesima edizione del Piemonte movie Glocal Film Festival grazie all’Associazione culturale Geronimo Carbonò (http://www.geronimocarbono.org/) ed alla Meibi Produzioni, forti del patrocinio del Ministero della Cultura della Repubblica dell’Ecuador, Amazonia 2.0 ha un valore aggiunto in più, anzi tre, quelli dell’autrice e dei due autori, i cui Curricula vitae ed artistici ci parlano di comunicazione sociale, antropologia, docenze, scrittura, direzioni artistiche, giurisprudenza, master in comunicazione, consulenze, giornalismo d’inchiesta. Un concentrato di esperienze ottenute sul campo, di quelle che rendono un cursus lavorativo e di studi appetibile in molte nazioni estere, Italia esclusa. Qui da noi il Curriculum è un pezzo di carta e la raccomandazione vale più del merito.
Consiglio la visione di questo documento visivo tanto istruttivo a chiunque. Nessuno resterà deluso e, anzi, potrà imparare qualcosa di buono sulla capacità di resistenza non violenta messa in atto da una popolazione che, per rivendicare il proprio diritto alla vita, si è messa contro un colosso mondiale del petrolio ed un intero governo nazionale ed ha vinto. Per citare le parole della presentazione di Amazonia 2.0, «esiste un luogo, nella selva amazzonica ecuadoriana, dove i normali parametri di sviluppo e progresso sono capovolti dalla determinazione della ragione e la forza collettiva di un popolo dimenticato può trasformare vecchie utopie in tangibili realtà». Sarebbe d’uopo girare queste semplici ma efficaci parole a qualche nostro ministro poco accorto.