Amarsi per ciò che si è in un paese omofobo. La storia di Erika e Martina
Erika e Martina sono poco più che ventenni; laureande l’una in Giurisprudenza e l’altra in Economia, vivono in due città diverse, ma i quasi 76 chilometri che le separano sono nulla in confronto all’amore che le unisce. All’inizio d’agosto sono state sommerse di insulti e commenti negativi per il loro orientamento sessuale. Ecco cos’è accaduto.
Le ragazze avevano pubblicato sui loro profili Facebook una foto in cui si baciavano «a stampo, come tutte le coppie», poi la pagina Amami per ciò che sono ha chiesto loro il permesso di condividerla. Apriti cielo: più di seicento fra commenti omofobi pesanti e risposte a difesa delle giovani. Ne ho analizzati alcuni.
“Questo non è amore, è puro esibizionismo. Certe effusioni dovrebbero essere private.”
“Non sei tu la normalità. Non potete imporre il vostro pensiero di uguaglianza.”
“Vergogna, il mondo è alla fine.”
“Abominio… Dio maschio e femmina li creò.”
“Basta con lo sdoganamento dell’omosessualità, rimane una cosa contro natura.”
“Siete delle zozzettema belle.”
“Che spreco. Poverine.”
Quando la stampa ha cominciato a interessarsi della vicenda, molti leoni da tastiera hanno eliminato i propri commenti, il resto lo ha fatto l’amministratrice della pagina, che ha tolto quelli in cui alle due ragazze veniva augurata la morte.
Un giudizio ha attirato la mia attenzione più degli altri: “Avete perso la dignità vergognatevi quanto fate pietà. (tutto senza virgole)”; i commenti omofobi sotto i post che parlano di omosessualità si somigliano più o meno tutti, ma quando si tira in ballo la dignità scatta un campanello d’allarme: «Ci ha colpito negativamente il commento sulla dignità», ha detto Martina, «non c’è nulla di male nell’essere me stessa, nell’avere Erika; ci hanno paragonate allo schifo umano e questo mi fa rabbrividire. Leggere che il mondo finirà a causa nostra, mi fa dire che siamo messi molto male.» Erika ha aggiunto: «Il commento che mi ha fatto inorridire è che non saremo mai una coppia, che siamo delle pervertite e che il nostro non è amore.»
Erika e Martina non si sono perse d’animo e dopo lo sconforto iniziale si sono rassegnate al fatto che persone capaci di fare commenti del genere difficilmente tornano sui propri passi, ecco perché hanno scelto di denunciare l’accaduto sui social; infine sono state contattate da una giornalista.
Di gesti o frasi omofobe, quando si tengono per mano per la strada, ne ricevono, ma vanno avanti senza paura; un pomeriggio si trovavano in un fast food, si sono date un bacio e un padre, seduto poco lontano, ha coperto gli occhi del figlio con la mano.
Martina si considera molto fortunata perché non ha avuto problemi a fare coming out in famiglia, mentre Erika ha dovuto superare la resistenza dei familiari; in casi come questi la convivenza diventa un inferno e spesso a far cambiare idea ai parenti stretti è l’amore che vedono negli occhi della figlia o del figlio quando si rivolgono alla persona amata; così è stato per quelli di Erika: una volta conosciuta Martina «i miei hanno visto che i sentimenti sono uguali a (quelli di) una coppia cosiddetta normale e ora sono felicissimi per noi. Qualche volta siamo uscite con mia madre, la quale ha presentato Martina ai suoi conoscenti come la mia fidanzata. Non me lo sarei mai aspettato.»
La coppia ha rivolto un pensiero alle lesbiche e ai gay velati: «Dico loro di essere se stessi, di non vergognarsi o reprimere quello che sentono, perché la felicità la si raggiunge solo quando si accetta quello che si è; di parlarne, magari prima a un amico, perché con l’amore si supera tutto. Il mio consiglio è di seguire il proprio essere.»
Erika e Martina desiderano fare l’unione civile una volta laureatesi ed essersi sistemate con il lavoro. Queste due ragazze hanno una grande forza, sono determinate, sicure di sé, hanno il coraggio delle proprie idee, rivendicano la loro dignità. Di sicuro possono diventare un esempio per molte ragazze e molti ragazzi.