Allarme Acido Aristolochico: indurrebbe il cancro alla vescica
L’acido aristolochico è il principio attivo contenuto in alcune varietà di piante della famiglia delle Aristolochiaceae tra cui l’Aristolochia fang-chi, l’Aristolochia Clematitis, l’Aristolochia auricularia, l’Aristolochia heterophylla, ecc.
A metà gennaio del 2010 il “Journal of the National Cancer Institute” di Bethesda (nello stato del Maryland) ha pubblicato uno studio allarmante in base al quale alcuni rimedi erboristici di origine cinese, con presenza di questo acido al loro interno, sarebbero in grado di provocare gravi insufficienze renali e addirittura il cancro alla vescica.
Nonostante le proprietà diuretiche, purgative, cicatrizzanti, antireumatiche e immunostimolanti di questa sostanza, il suo impiego terapeutico è sconsigliato, a causa della presenza di alcuni acidi clorogenici che vanno sotto il nome di Fenantreni nitrati, elementi la cui tossicità può provocare danni spesso gravi ai reni come le nefriti croniche e, appunto, alcuni tipi di tumore.
Malgrado lo scalpore suscitato dalla diffusione dello studio americano, sono ormai diversi anni che queste informazioni sono state divulgate, per esempio dalla Fondazione AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) che lanciò l’allarme Acido Aristolochico almeno tre decenni fa.
Secondo gli esiti di uno studio medico condotto nel 2000 (Nortier J. L. et al., Urothelial carcinoma associated with the use of a Chinese erb, N. Engl. J. Med. 342, 1686-1682, 2000) è stato stabilito un nesso di causalità fra l’assunzione di erbe che contengono l’acido incriminato e l’insorgere del carcinoma di tipo uroteliale (si veda anche: Jean Bruneton, “Plantes toxiques. Vegetaux dangereux pour l’Homme et les animaux”, Parigi, 2001).
Diversi sono stati quindi gli studi condotti dagli anni ’90 ad oggi in merito alla pericolosità di questo acido. Uno di essi ha interessato più di quattromila pazienti affetti da cancro dell’apparato urinario. Condotto dal gruppo di studiosi dell’”Institute of Occupational Medicine and Industrial Hygiene” dell’Università nazionale di Taiwan, è durato un anno intero ed ha stabilito un nesso inequivocabile fra l’Acido Aristolochico contenuto nell’erba cinse Mu Tong e i tumori contratti dal gruppo posto sotto analisi medica. Quindi, i soggetti che assumono dosi superiori ai 150 milligrammi di Acido Aristolochico sono più esposti al rischio di contrarre un cancro alle vie urinarie.
Nonostante il fatto che in molti Paesi, compresa l’Italia, i prodotti contenenti l’acido incriminato siano stati banditi, il rischio di assumerne attraverso l’ingestione di miscugli di erbe poco note, i cui principi attivi non sono indicati sulla confezione, è assai alto. Di vitale importanza risulta quindi il costante controllo alle frontiere di prodotti erboristici provenienti dall’Estremo Oriente che potrebbero contenere Acido Aristolochico, nonché il monitoraggio periodico di pazienti che hanno contratto neoplasie renali o vescicali a seguito dell’ingestione di erbe contenenti questa pericolosa sostanza.
In casi come questi, in cui si è indotti a pensare che le erbe possano aiutare l’essere umano a migliorare il suo benessere psicofisico, la valutazione scientifica è basilare per stabilire i livelli di tossicità di sostanze che, con una certa superficialità, vengono ritenute benefiche.
La natura ci viene incontro con tanti rimedi dalle proprietà terapeutiche riconosciute, ma ci consente anche di tenerci alla larga dalle sostanze tossiche per il nostro organismo. In questo senso la ricerca scientifica è sempre la più valida fonte per ritrovare il nostro benessere.