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Abbattere le mura del silenzio. I racconti di alcuni famigliari credenti di persone LGBT

Tra la fine di maggio ed i primi di giugno 2011 ho portato a termine il primo reportage italiano che parla dei famigliari credenti di persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender (LGBT).

Le volontarie ed i volontari di Progetto Gionata, il grande portale italiano che testimonia la vita dei tanti gruppi italiani di omosessuali credenti, mi avevano chiesto di svolgere questo lavoro, che è prezioso perché mai, prima d’ora, in Italia, era accaduto che ci si occupasse di un tema tanto importante attraverso delle testimonianze dirette, che sono preziose in quanto le madri, i padri e le sorelle che hanno scelto di uscire allo scoperto e di urlare al vaticano ed allo stato italiano la loro rabbia e la loro indignazione per il trattamento discriminante cui vengono sottoposti i parenti LGBT, hanno saputo tirar fuori pezzi di sé che, fino a poco tempo fa, erano rimasti nel segreto delle loro famiglie. Questa mia indagine sociale sta diventando un libro, all’interno del quale saranno presenti i contributi di alcune persone addette ai lavori; i loro interventi chiariranno ora la posizione della filosofia, ora quella della psicoterapia, ora quella dell’attivismo cristiano dei diritti civili in merito ad un’ondata discriminatoria dagli aspetti inquietanti, che sta minando il tessuto civile e sociale del nostro Paese in modi sconcertanti, complice l’avallo di uno stato che non legifera in merito ai diritti civili per le persone LGBT e di una chiesa cattolica che si nutre di discriminazione ed esclusione, incurante del messaggio evangelico d’amore ed inclusione. Di seguito uno stralcio delle testimonianze più significative da me raccolte.

Il gruppo AGeDO di Foggia nacque nel 2010 e venne fondato da Gabriele Scalfarotto, da Maria e Tonino, la madre ed il padre, cattolici praticanti, di un giovane gay, insieme a don Dino D’Aloia e don Michele De Paolis, l’uno creatore di Casa Eirene, un centro d’accoglienza per persone disadattate, l’altro storico ideatore ed instancabile animatore della Comunità Emmaus di Foggia: «Don Michele e don Dino, due preti scomodi – sono parole di Gabriele –. Amati dai più umili. Circondati da emarginati dignitosi e da volontari, si sono subito resi disponibili a sostenere questo ateo rispettoso, intento a una dura battaglia sui diritti del popolo LGBT e con lui a combatterla e a vincerla».

Quarantasette anni, madre di Karen, una giovane lesbica di ventotto anni che convive con R. in una cittadina del nord ovest poco distante dalla sua, Daniela ha abbracciato il buddhismo, nel 2002, anche perché non riesce ad accettare le regole della chiesa cattolica; nel cammino spirituale del Buddha ha ritrovato la speranza per un mondo di pace, amore ed uguaglianza. La conclusione della sua testimonianza è commovente: «Nonostante la chiesa non accetti la diversità, Karen ha ricevuto il battesimo l’anno scorso; dopo un suo lungo percorso spirituale, ha sentito che Gesù l’ama e l’accetta cosi come è e quindi ha deciso di essere una praticante cattolica omosessuale».

Mila Banchi è forse la più nota attivista LGBT dei diritti civili in Italia. Sulla sessantina, sempre sorridente e propositiva, trentadue anni fa mise al mondo Jacopo, un mite ed intelligente ragazzo che si scoprì omosessuale all’età di diciassette anni. La distinzione che Mila fa tra i vertici del Vaticano e la sua base è importante; la chiusura della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) è intransigente e, quel che è peggio, rivolta a tantissime questioni, tutte inerenti – e non è un caso – alla libertà individuale: «Questo che sta vivendo la chiesa cattolica è un momento particolare: molte persone se ne stanno allontanando a causa della mancanza totale di adeguamento alla modernità da parte del Vaticano. E poi si stanno affacciando, anche in Italia, diverse altre confessioni, non ultima quella islamica, per non parlare della chiesa evangelica, di quella valdese, ecc. Tutte confessioni che, qual più qual meno, stanno portando via fedeli al cattolicesimo. L’atteggiamento dei suoi vertici è, secondo me, dettato da una politica sbagliata perché, invece di affrontare, di comprendere e di riprendere il cristianesimo delle origini, al fine di riportare al centro del messaggio evangelico la sacralità della persona, va nella direzione opposta. Dio è amore per la persona! E purtroppo il Vaticano è diventato un potere politico ed economico mondiale, per cui ha tutte le sue cose da curare e, magari, sta perdendo di vista tutta la parte vera della chiesa». Dalle sue parole emerge un fatto ancor più problematico di quello rappresentato dall’ostracismo della chiesa di Roma nei confronti del mondo LGBT ovvero la mancata accettazione, salvo rarissimi casi, delle persone omosessuali credenti da parte delle associazioni LGBT italiane. E mi spiega: «Esse non hanno mai accolto in modo pieno e totale queste persone… E ciò accade in prevalenza perché questi gruppi sono molto politicizzati e tendono a vedere nel connubio politica/fede qualcosa di incomprensibile. Il fulcro sta tutto qui, nel concetto di laicità di uno stato: spesso si tende a non voler capire che si può essere credenti, indipendentemente dalla confessione religiosa, pur continuando ad essere laici… Altra cosa è l’impegno civico di ognuno di noi. Ogni cittadina ed ogni cittadino ha necessariamente dei rapporti con uno stato che dovrebbe tutelare ogni persona, in modo laico, indipendentemente dal credo, dal sesso, dall’orientamento sessuale. (…) Non ravviso la necessità di tutta questa chiusura…».

Darianna Saccomani, nata Dario, è una persona transessuale che ha completato la transizione di genere, il che la rende a tutti gli effetti una femmina. Nata in Piemonte, vive a Livorno, dove ho avuto il grande piacere di conoscerla e di scambiare con lei un dialogo assai proficuo. Donatella, che con lei condivide un forte legame di sangue, mi ha rilasciato una breve testimonianza: «La rivelazione, come sorella, l’ho vissuta inizialmente come un trauma, una perdita. Vivevo la “morte” di Dario come un lutto e aspettavo di maturare l’accettazione della nascita di Darianna. A distanza di 5 anni tutto mi è chiaro e non trovo nessuna difficoltà a riconoscere mia sorella come persona e non per la sua appartenenza a un genere. Dal punto di vista di credente ho trovato essere una benedizione il fatto che Darianna avesse come riferimento e sostegno la propria fede in un Dio di giustizia e amore. Penso che lei si sia sentita abbracciata e consolata dallo Spirito nei momenti in cui le persone non l’hanno capita. Come dei genitori pieni d’amore, privi di giudizio, Dio ha difeso Sua figlia. »

Donatella non ha dubbi in merito all’ostracismo della chiesa cattolica nei confronti delle persone LGBT (acronimo che sta per Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transessuali): la sua è una chiusura verso «ogni forma di vita, di espressione, di creatività, che oltrepassano i confini tracciati dalla suo potere, ben studiato per mortificare il corpo»; secondo la sorella di Darianna questo rappresenta il modo più scellerato di far vivere le persone immerse nella paura. «La paura – conclude – è sempre stata usata dal potere per manovrare le menti e gli spiriti».

Durante un’afosa mattinata di tarda primavera ho incontrato Ursula Rütter Barzaghi, la madre di Enrico, un ragazzo attivista dei diritti civili deceduto di AIDS all’età di 29 anni. Ursula mi confessa di essere convinta che il problema più grande delle gerarchie cattoliche abbia a che vedere con l’uso della vergogna come sistema di controllo e, quindi, di potere e aggiunge, con un sorriso aperto: «Forse si tratta di un filo della santa inquisizione che non è stato tagliato del tutto… Piccolo e modesto, sì, ma prima o poi andrà tagliato! E pensa che danno che stanno facendo, quelle gerarchie! Sai che c’è? Io imporrei il copyright sulla parola “cristianità” e vieterei alla chiesa cattolica di pronunciarla, al fine di evitare che quei farabutti definiscano “cristiano” ciò che non lo è».

Lidia Borghi

PUBBLICAZIONE: ADISTA SEGNI NUOVI, N° 54, 9 LUGLIO 2011, ANNO XLV

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